Ero a Cuba il 7 gennaio, non avevo né internet né i giornali e avevo sentito del massacro nella redazione di Charlie Hebdo solo ascoltando le notizie della BBC. Ne ero rimasta, come tutti, profondamente turbata. Al mio rientro in Italia, scorrendo i giornali, ho riconosciuto fra le vittime il volto di Michel Renaud, fondatore e presidente del Festival del Carnet de Voyage di Clermont-Ferrand. Il caso ha voluto che quel giorno lui e il segretario Gèrard Gaillard (sopravvissuto per caso) fossero lì per restituire delle tavole a un’altra delle vittime, Cabu, il vignettista di Charlie Hebdo che era stato invitato d’onore all’ultima edizione del festival.
Li avevo incontrati due volte, prima al Festival a Clermont-Ferrand nel 2008 e poi l’anno dopo a Venezia in occasione di una manifestazione sui carnet organizzata dal carnettista e amico comune Gianni Cocco. Insieme avevamo trascorso una giornata indimenticabile, prima all’Accademia e poi in barca a zonzo per la laguna. Eravamo felici e io mi sentivo una privilegiata per essere con quella bella compagnia in quei luoghi magici.
Così, con questa foto di un momento felice di un giorno di primavera voglio ricordare Michel Renaud, una persona speciale e di grande gentilezza, un appassionato viaggiatore, un uomo sensibile alla bellezza e all’arte. Voglio ricordare lui e tutte le altre vittime assassinate dalla stupidità fondamentalista nel nome di Allah, un dio che dovrebbe essere Clemente e Misericordioso (i primi due dei suoi novantanove nomi).
La sola risposta a questo massacro e a quelli sempre più frequenti che insanguinano l’Africa e il Medio Oriente, è la difesa rigorosa della laicità. E’, come ha scritto il giornalista Paolo Ciampi, “assicurare lo stesso impegno di verità. Anzi, assicurarlo in modo migliore di prima, con più coraggio, determinazione, indipendenza. E condividere tutti la frase di un altro parigino, di due secoli fa, Voltaire: Non condivido la tua idea, ma sono pronto a dare la vita perché tu la possa esprimere”.
Nous sommes tous Charlie.
Anna Maspero e la Redazione della Polaris