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Intervista a Corrado Passi

Raccontati in una battuta e qualche riga…

Sono un Italiano che, giunto in Sudafrica molti anni fa per un congresso medico, è rimasto incantato da questa terra ed ha deciso di trasferirsi qui con la propria compagna, compiendo un cambiamento sostanziale di professione e di vita. L’Africa Australe, ed il Sudafrica in particolare, mi hanno conquistato incondizionatamente, senza via di scampo… Vivo a Cape Town, e divido la mia giornata tra il lavoro (ho fondato una società che organizza viaggi in Africa Australe) e la scrittura, una passione ormai trentennale che solo dopo il mio trasferimento sono riuscito a coltivare con regolarità. Non credo di desiderare di più.

Un buon motivo per viaggiare.

 Viaggiare è una scelta concreta, non è un atto che tutti compiono incondizionatamente. Significa scoprire di possedere una particolare attitudine dello sguardo e provare ad assecondarla, è un modo di guardare la realtà cercando di superarne il paesaggio più ovvio, quello delle nostre abitudini e delle nostre certezze. Puoi viaggiare cambiando emisfero terrestre, o passeggiando con il cane nella tua città… Viaggiare, a mio parere, è seguire un’inclinazione che percepiamo ogni giorno. Richiede curiosità, voglia di libertà ed il coraggio di riconoscerne ed assecondarne le pulsioni. E’, il viaggio, un distacco dal luogo natale, o da ciò che noi sentiamo tale, per calarsi nel ruolo di ospite, di persona curiosa e capace di stupore, desiderosa di scoprire l’altrove. Nonostante la maggior parte dei viaggiatori ritorni a casa, non sono convinto che il viaggio sia un disegno circolare, con una partenza ed un ritorno: resta sempre scoperta una retta tangente che si stacca dal cerchio e ci porta molto lontano, in un territorio dal quale, una parte di noi, non tornerà mai più indietro. Non credo quindi che esista un buon motivo per viaggiare, o per non farlo. Esiste solo un buon motivo per ascoltarsi sempre, e non fermarsi mai – ma questo presuppone che tu sia già in viaggio…

Il tuo mondo: quali sono i tuoi luoghi dell’anima?

Nonostante il mio costante interesse per il mondo classico, nella mia vita ho amato particolarmente due luoghi. Los Angeles, dove ho trascorso un periodo per motivi di studio, e la città in cui vivo oggi, Cape Town. Sono, entrambi, due luoghi del Nuovo Mondo, molto distanti da ciò che rappresenta la formazione estetica e culturale di chi nasce in Europa e, nel mio caso specifico, in Italia. Sono due terre di confine, entrambe affacciati di fronte ad un Oceano di fronte al quale costituiscono una sorta di ultimo approdo. Sono due luoghi epici, nei quali la natura e l’uomo hanno mantenuto un rapporto ancestrale di forza e di attrazione quasi primitiva. Un tramonto a Los Angeles, osservato da Mulholland, o la cascata di nuvole pomeridiana che da Table Mountain si riversa sulla città, sono momenti magnetici, che sospendono il tempo.

Il tuo modo di viaggiare: mezzi, tempi, compagni…

Da quando mi sono trasferito in Sudafrica viaggio pochissimo, e devo ancora capire se il motivo stia nel fatto che questa città mi abbia inesorabilmente catturato – e lasciarla mi provochi sempre un sottile dolore, resistente a qualsiasi terapia – o perchè io, qui, abbia trovato una dimensione ideale. Ritengo, mentre viaggio, sia fondamentale concedersi la libertà di potersi fermare, sostare, decidere di deviare da un itinerario prestabilito, e quindi credo che l’automobile resti il mezzo più duttile, da questo punto di vista; soprattutto in Sudafrica, una nazione caratterizzata da spazi immensi e da una densità di popolazione molto bassa rispetto ai parametri europei, l’auto resta il mezzo ideale. Viaggiando, il tempo acquista una dimensione più rarefatta, evanescente, e l’indipendenza da orari di partenza e di arrivo è un aspetto per me assolutamente irrinunciabile. Per ciò che riguarda i compagni di viaggio, personalmente, proprio per salvaguardare i miei tempi e la mia libertà, perferisco evitare di viaggiare in gruppo.

Gli autori e i libri di viaggio che ami di più.

Potrei incominciare menzionando l’Odissea e, venendo ad autori contemporanei, “Viaggio al termine della notte” (F.Céline), “La crociera del rottame vagante” (F.S. Fitzgerald), “Luoghi e reportages” e “Fogli sparsi” (raccolte di Goffredo Parise, molte delle quali apparse su quotidiani italiani negli anno Sessanta e Settanta), “Microcosmi” (Claudio Magris), “Strade Blu” (William Least Heat-Moon), “Dark Star Safari” (Paul Theroux).

Perché hai scelto di scrivere una guida su Cape Town?

Scrivere un libro dedicato a Cape Town e al Sudafrica è stata un’esperienza di gratitudine verso il luogo che mi ha regalato alcune tra le più intense emozioni della mia vita, ed ho vissuto questo momento consapevole di offrire un tributo a questa terra ed alla sua gente.

L’emozione più grande e il momento più difficile nella scrittura della tua guida/del tuo libro.

Quando si scrive, l’emozione più grande è legata al fatto di sentirsi liberi di creare una storia, di immaginare che oltre il paesaggio esista qualche cosa che non ci è ancora dato di vedere. Nel caso specifico di questo libro, in cui ho inserito una ventina di racconti legati alla gente, alle persone, il piacere di collegare ciascun luogo reale, fisico, ad una storia immaginaria è stato certamente il momento più emozionante: la sensazione di riscoprire i luoghi che ho descritto attraverso gli occhi di personaggi diversi, creando un’interfaccia che agisse come uno zoom, una lente di ingrandimento sulla Storia e sulle storie di questa variegata umanità che costituisce la popolazione sudafricana. Passando attraverso la memoria di alcuni personaggi, i loro desideri, le loro attese, mi sono avvicinato il più possibile alle tracce che questa città e questo paese potrebbero lasciare ad un futuro viaggiatore. Il momento più complesso è stato lo sforzo costante per destrutturare i luoghi comuni ed i falsi miti che avvolgono il Sudafrica, generati da decenni di scarsa o parziale informazione, cercando di trasmettere al lettore l’anima di questa città, della sua gente.

Cosa ti affascina maggiormente di Cape Town?

Due sono gli aspetti fondamentali di questa città che mi hanno affascinato. La gente, le persone che incontro ogni giorno, ottimiste e positive, oserei dire serene, nonostante le reali, indiscutibili difficoltà sociali. La velocità con cui l’atmosfera, il cielo, la luce, e con essi il paesaggio, mutano di ora in ora. Cape Town, il Western Cape ed il Sudafrica in generale sono caratterizzati da questa costante: spostandosi di pochi chilometri, il paesaggio muta repentinamente, stupisce, è spettacolare, genera un climax emotivo che non ho mai provato altrove.

Tre buoni motivi per viaggiare a Cape Town.

Il primo motivo è la luce. La luce, alla latitudine australe, è diversa, intensa, magnetica, genera forza. Il secondo è l’esperienza di trovarsi in una città moderna, una metropoli, restando in costante contatto visivo, fisico, con la natura – terra, oceano, cielo: ti senti costantemente sul pianeta Terra, la Montagna è dietro casa tua, l’Oceano a cinque minuti d’auto, il cielo onnipresente e turchino, la flora spettacolare, dominante. Il tempo resta sospeso tra millenni immobili, geologici, una fioritura quasi costante che ferma le immagini quotidiane e la contemporaneità civile, sociale, complessa e contraddittoria, che cerca di muoversi verso il futuro. E’ un’esperienza che, da un certo punto di vista, è surreale, assomiglia ad una dimensione fantastica, e proprio per questo motivo diventa esclusiva ed impareggiabile. Il terzo motivo è il fatto che Cape Town sia una delle più belle città del mondo!

A chi sconsiglieresti un viaggio a Cape Town?

Sconsiglierei un viaggio in questa città, ed in Sudafrica, a chi è incapace di provare meraviglia e stupore, a chi si è abituato a coltivare stereotipi, idee e preconcetti che ritmano i suoi giorni, a chi preferisce, per difendersi dal mondo, non cambiare mai le proprie idee. Io non credo nel potere pedagogico di un viaggio, ma nella “chiamata” da parte di un luogo, qualsiasi esso sia, nel fascino che esso esercita o meno su di noi. Accade che il viaggiatore si lasci attrarre e condurre da questa città e da questa terra, e solo in questo modo possa sentire di esserci stato; in caso contrario, il suo viaggio è stato solo uno spostamento di latitudine, un ingresso in un hotel, l’attesa in un aeroporto.

Elementi per un viaggio perfetto a Cape Town.

Il rispetto nei confronti dell’umanità, della sua storia, dell’ambiente naturale, unitamente alla consapevolezza di godere il privilegio impagabile di trovarsi in uno dei luoghi più belli del pianeta terra. Questo binomio è l’atteggiamento ideale per assaporare fino in fondo quest’esperienza.

Tre libri in valigia per un viaggio in Sudafrica.

“A world of strangers”, di Nadine Gordimer, che descrive il mondo dell’apartheid e le complicate relazioni sociali dell’epoca; “A fork in the road”, di Andrè Brink, concepito come un romanzo di formazione ambientato tra l’Europa ed il Sudafrica degli anni Sessanta; “Long Walk to freedom”, di Nelson Mandela.

Perché scegliere la tua guida Polaris per un viaggio in Sudafrica?

Credo di aver scritto un libro che possa essere considerato sia una Guida in senso classico – in esso sono incluse informazioni essenziali per chi si appresta a compiere un viaggio a Cape Town – sia una serie di racconti, la storia di personaggi immaginari, da me inventati, che corrispondono alle voci simbolicamente più rappresentative di questo luogo e costituiscono un itinerario ideale carico di riscontri emotivi e psicologici. Non credo esista, a tutt’oggi, un lavoro editoriale di questo tipo riguardante Cape Town. Viaggiare, a mio parere, è cercare la libertà per poter guardare ed ascoltare colori, cieli, persone: il mio libro è un invito a questo, ed i miei personaggi sono coloro che, ciascuno con la propria storia, condurranno il lettore, il viaggiatore, attraverso la magià di questa terra.

Un consiglio da viaggiatore a viaggiatore…

Ognuno di noi è, io credo, viaggiatore a modo proprio, con le proprie motivazioni, i propri sogni e le proprie attese. Quindi non credo si possa dare un consiglio ad un ipotetico viaggiatore. Posso solo dire, a chiunque si appresti a partire, e qualsiasi sia la destinazione, di provare, almeno per un attimo, ad ascoltare quel luogo, a diventarne un ascoltatore, e di non tornare a casa senza aver lasciato, in quel luogo, una parte di sè. Non portiamo a casa l’emozione di una terra attraversata se non abbiamo lasciato, laggiù, una parte di noi.