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01. Le capitali della Russia: Mosca e San Pietroburgo – 02. L’Anello d’Oro e gli artigianati russi – 03. Staraja Ladoga (Karelija) – 04. Lago Onega – Isola di Kiži – 05. Un po’ di storia vista dagli scrittori
Un viaggio alla scoperta della Russia non è una semplice passeggiata in un mondo semisconosciuto. Scoprire la Russia è un po’ entrare in un complesso psicologico così diverso dal nostro che difficilmente potrà essere compreso in un viaggio. È un mondo talmente legato alla natura che a volte questa prevarica l’uomo: sempre lo compenetra.
La Russia è un paese molto esteso, soprattutto da ovest a est, perciò ve lo faremo percorrere in senso orizzontale, attraversandolo interamente lungo i binari della ferrovia più lunga del mondo, mentre ci avventureremo in senso verticale lungo i suoi fiumi.
Guardando la carta geografica, vedrete come i fiumi e i loro affluenti, ancor più numerosi, siano le vene della nazione e come ne abbiano permesso lo sviluppo e la storia. Lungo le sponde di alcuni di questi fiumi sono sorte città e nelle loro acque si è spostato questo fluttuante popolo, la cui “anima” si è formata al contatto con una natura bella e a volte ostile.
Tale è il quadro generale, poi ci sono i particolari. C’è una Russia vista più da vicino, quella dei cremlini, medievale e un po’ selvaggia, anche se coperta d’oro. Poi c’è un’altra Russia, quella della letteratura e della musica. Queste diverse realtà insieme formano la grande Madre Rus’, come la chiamano i russi stessi, dando a questa parola un significato affettuoso e atavico allo stesso tempo.
Per girare bene la Russia bisognerebbe catapultarsi nel secolo scorso, quando coloro che si avventuravano per queste lande, a volte desolate, sicuramente lontane, avevano lettere di presentazione per andare in visita da una serie di amici sparsi sul territorio, cosa che consentiva di essere più a contatto con questo popolo così poco compreso. Oggi tutto ciò non solo non è realistico, ma è improbabile perché i tempi sono cambiati e quello che solo dieci anni fa era possibile ora non è più realizzabile.
Nel corso di questi ultimi anni sono sorti, in diverse località, piccoli alberghi familiari che costano meno delle enormi strutture lasciate dal potere sovietico in gestione a esosi proprietari. Saranno perciò anche gli hotel familiari a facilitare il contatto con la popolazione locale.
01. Le capitali della Russia: Mosca e San Pietroburgo – 02. L’Anello d’Oro e gli artigianati russi – 03. Staraja Ladoga (Karelija) – 04. Lago Onega – Isola di Kiži – 05. Un po’ di storia vista dagli scrittori
01. LE CAPITALI DELLA RUSSIA: MOSCA E SAN PIETROBURGO
Nel Settecento e nell’Ottocento, ma anche all’inizio del Novecento, come viaggio in Russia s’intendeva la visita di Mosca e San Pietroburgo; il resto della Russia era considerato una vasta pianura sconfinata e gelida.
Arrivando a Mosca dall’Europa si atterra, in genere, all’aeroporto Domodedevo e subito la città si presenterà come caotica, con un traffico impossibile e dei prezzi spaventosi. L’effetto metropoli sarà molto diverso al ritorno dal tour programmato; sarà un po’ come arrivare a Parigi dopo un giro nella “grande provincia”. Senza rendervene conto, avrete assaporato la piacevole sensazione di trovarvi in una vera metropoli, nella capitale, dove tutto è più bello, più curato, più accessibile.
Le due città, che definiamo capitali, sono molto differenti; sono gli opposti che distinguono la stessa nazione. Mosca è verticale, per qualche verso orientale, fantasiosa, ma anche metropoli moderna; San Pietroburgo è orizzontale, tutta giocata sul filo dell’acqua della grande Neva, dei canali, del mar Baltico. Mosca è più russa in inverno; San Pietroburgo è europea, città dell’estate, delle notti bianche quando il tramonto incontra l’aurora, come dicono i suoi abitanti. Entrambe le città sono luoghi d’arte e di cultura, ma anche grossi centri industriali dove, nelle loro periferie, vive un vasto proletariato urbano. Sono città sovraffollate, soprattutto Mosca, e in questo sono occidentali a pieno titolo. Visitarle è indispensabile anche per penetrare nello spirito della nazione più dinamica del momento, dopo un immobilismo durato circa settant’anni, anche se purtroppo la crisi economica che ha investito l’America e l’Europa non si è tenuta lontana neanche dalla Russia. Scrittori importanti e famosi hanno immortalato nelle pagine dei loro libri le impressioni e descritto la vita di queste due città durante le diverse epoche storiche. Basta leggere Lettere dalla Russia del marchese de Custine o Viaggio in Russia di Gautier per avere uno spaccato di vita in qualche modo valido ancor oggi. Se i due scrittori citati sono stranieri, è ovvio che anche diversi scrittori russi ci hanno lasciato pagine indimenticabili per descrivere le loro città, tra questi Karamzin, Puškin, Gogol’, Bulgakov, Belyj: tutti hanno contribuito con il loro “verbo” a sensibilizzare nel visitatore la curiosità di visitare la città.
01. Le capitali della Russia: Mosca e San Pietroburgo – 02. L’Anello d’Oro e gli artigianati russi – 03. Staraja Ladoga (Karelija) – 04. Lago Onega – Isola di Kiži – 05. Un po’ di storia vista dagli scrittori
02. L’ANELLO D’ORO E GLI ARTIGIANATI RUSSI
L’itinerario proposto è un classico per conoscere l’antica Russia. Visitando i villaggi dell’artigianato avrete modo di penetrare più intimamente nella campagna russa, nella vastità infinita a contatto con il cielo che qui ha uno sfondo di izby, di legna accatastata per l’inverno, di semplici fiori colorati che bordano gli steccati e di persone sedute sulla panchina davanti casa con lo sguardo fisso, perché perso in quegli spazi.
[di seguito, solo un breve cenno delle principali cittadine, ndr]
Sergiev Posad – ex Zagorsk
C’è un modo molto particolare per andare a Sergiev Posad, un po’ più lungo, ma decisamente più storico, ed è percorrendo la vecchia strada sulle orme dello zar Alessio II, padre di Pietro I, che raggiungeva il monastero a piedi con tutto il suo seguito di familiari e boiardi, i nobili della corte. L’esteso corteo era così lungo che quando la testa arrivava in un villaggio, la coda si trovava ancora nel precedente. L’interesse storico della strada è dovuto alle tre graziose chiesette dislocate lungo il percorso, che rappresentano un’attrazione romantico-sentimentale per il magico inserimento in una natura collinare, che secondo le stagioni assume aspetti e colori sorprendenti, sempre tipicamente russi.
Pereslavl-zalesskij
Prima di entrare in città vi consigliamo una sosta alla suggestiva cappella Fëdorovskaja del XVII secolo, dove la zarina Anastasia, moglie di Ivan il Terribile, secondo la tradizione, ha partorito il figlio Fëdor. La cappella è sorta dopo questo avvenimento insieme al monastero omonimo per celebrare il fausto evento. La cappella ha la forma a cuspide, retta da quattro piloni convessi decorati con piastrelle verniciate. Dopo questa sosta la strada risale il monte Poklonnaja dal quale si apre una superba vista sulla città. È difficile immaginare che questa località, per noi sconosciuta e anonima, rappresenti una storia ricca e interessante trasmessa anche dai monumenti storici giunti fino a noi.
Rostov velikij
Visitiamo senza indugio il cremlino più armonioso del Paese, racchiuso nelle bianche mura con torri dai tetti in legno a cuspide. Si presenta compatto sulla sponda del lago Nero, come fosse un castello della Loira trasferito in terra russa dalle fate. L’effetto è dovuto al maestoso portale d’ingresso e alla forma arrotondata delle torri; l’insieme a distanza è quasi una visione. Una quantità di cupole poste su diversi piani lo fanno somigliare anche a un nostro castello medioevale.
Jaroslavl’
Delle città antiche russe, Jaroslavl’ è quella che ancora conserva un certo profilo di torri, cupole, mura; quell’aspetto che, con un certo amore per l’integro, ci piacerebbe incontrare più spesso sul territorio della Russia, dove il real-socialismo ha appiattito lo stile architettonico, in parte distruggendo opere del passato, per sostituirle con “grandiosità” anonime. Qui, salendo sul campanile del monastero, il panorama che si apre alla vista è di torri e cupole: uno scenario dal fascino antico che può rievocare i tempi in cui la città fu fiorente e indiscusso centro fluviale, rispettata e ammirata in Russia e fuori dalla Russia.
Palekh
Il villaggio era noto per i suoi artisti dediti alla pittura delle icone perciò in epoca sovietica pensarono, tra questi Gorkij, di sfruttare la conoscenza di quest’arte in versione moderna e laica. Non si dovevano più dipingere immagini sacre ma operai al lavoro, contadini, mietitori, ecc. Gli artisti iniziarono così a dipingere scatolette con soggetti di vita quotidiana: la mietitura, gli operai alla colata dell’acciaio, Lenin, Stalin. Questi furono i nuovi soggetti, ma pian piano si ritornò ad opere più tradizionali quali le favole russe e la natura. Il villaggio sembra conservato per poter dare uno spaccato di vita fuori dal trambusto delle città ma anche del tempo.
Kholuj
Riprendendo la strada verso Kholuj sembra d’essere soli nella vasta campagna russa. La presenza di qualche izba lascia intendere che c’è ancora chi vive in una natura illimitata, accompagnato da una solitudine sconfinata. La presenza dell’uomo “moderno” è sottolineata dalle fermate degli autobus decorate in diversi modi per rendere più piacevole l’attesa e forse anche per ricreare un’atmosfera artistica vicino ai villaggi delle arti applicate. All’ingresso del villaggio c’è una cappella di mattoni che introduce un grazioso posëlok (villaggetto) disteso sulla curva del fiume. Dal ponte che attraversa l’ansa c’è una bella vista, sembra un quadro paesaggistico invece è la realtà: il ponte, il fiume, la natura circostante e la chiesa della Trinità con le sue cinque cupole che escono da un esagono, nient’altro. La strada del paese è affiancata da izby di legno, tradizionali, con la panchina davanti casa dove i paesani si siedono a guardare il cielo.
Mstëra
Il posëlok di Mstëra è il più “autentico” dei quattro villaggi dedicati all’artigianato della miniatura. Per autentico intendiamo il meno ammodernato. La località è al bordo di fitti boschi che hanno in qualche modo influenzato quel senso del fiabesco che ritroviamo sulla nera superficie delle piccole miniature. Specialmente a Mstëra l’arte della miniatura si riveste di un certo mistero, che si esprime in fantasiose dimore tra boschi abitati da fate e principi. È come se Hieronymus Bosch fosse venuto a migliori consigli onirici e avesse prodotto immagini più pacate, frutto di una favola per bambini, piuttosto che di un incubo da adulti. La bellezza della natura circostante è fatta di fiori selvatici e di grano maturo ondeggiante al vento che sparge le sue pagliuzze dorate; “soffiato”, appositamente per creare l’incanto da riprodurre sulle preziose superfici dagli artisti che ne sanno cogliere le sfumature.
Suzdal’
A Suzdal’ c’è tutto ciò che potremmo identificare con la Russia e per fortuna la Russia sovietica è rimasta a guardare con rispetto questo angolo di autenticità che ora mostra con orgoglio ai visitatori, cosa che in realtà faceva già da prima. È uno di quei rari esempi in cui si è cercato di riportare l’architettura allo stato primario, alleggerendola dai rimaneggiamenti inevitabili del tempo. Nel 1977 è stata dichiarata città d’arte e patrimonio dell’umanità, ed è sotto la protezione dell’UNESCO dal 1992. Bello sarà visitare la città a piedi girando tra chiese e monasteri-cremlini e ammirando cupole e campanili.
01. Le capitali della Russia: Mosca e San Pietroburgo – 02. L’Anello d’Oro e gli artigianati russi – 03. Staraja Ladoga (Karelija) – 04. Lago Onega – Isola di Kiži – 05. Un po’ di storia vista dagli scrittori
03. STARAJA LADOGA (KARELIJA)
Staraja Ladoga è una località semplicemente isolata dal mondo terreno. Il Monastero Nikolskij non è speciale e forse proprio per questo ha qualcosa di indefinibile che lo rende particolarmente affascinante. Sulla collina, non molto distante dal monastero, s’impongono le alte mura di un antico Cremlino di cui restano una torre tonda e un bastione: semplicemente possenti. La luce batte sulle mura mettendone in risalto il colore rosato e come sempre l’armonia con la natura. Tutti questi monumenti hanno un nome e sono databili, quello che non è catalogabile è la loro capacità di suscitare emozioni proprio nel momento in cui li visitiamo. Nella chiesa di San Giorgio, dentro le mura del cremlino, hanno sparso il fieno a terra: simbolizza la Trinità, lo fanno tutte le volte che arriva la Pasqua e anche in altre occasioni. All’interno, come in tutte le chiese della Russia, sono in vendita le candele di cera d’api, sono gialle e profumano di miele. Se stanno celebrando una messa noterete che non ci sono sedie perché il rito ortodosso prevede che i fedeli stiano in piedi e le cerimonie sono parecchio lunghe. Solo gli anziani hanno il diritto di sedersi e a questo scopo sono poste delle panche vicino all’uscita, accanto ai pilastri, nella più “segreta” discrezione. Nel periodo estivo ci sono molti battesimi; il rito è fatto per immersione, perciò ai più grandi fanno mettere i piedi in una bacinella e immergono la testa nel fonte battesimale. Poi il prete disegna piccole croci con l’olio sulla fronte del battezzato. A questi riti per noi un po’ ancestrali, i russi si commuovono.
La fortezza-cremlino risale al XV secolo e dentro le sue mura si trovano la già citata chiesa di San Giorgio, con i suoi notevoli affreschi risalenti al XII secolo, e quella di Dmitrij Solun, in legno. Nella torre circolare è allestito un Museo di storia, architettura e archeologia; è interessante per chi volesse conoscere più da vicino la storia del luogo, inoltre vale la pena di vedere il modellino di legno dell’intera fortezza. Il Volkhov circonda il cremlino in un abbraccio dal basso e il panorama dalle mura è unico. La luce dell’infinito, eterno tramonto delle notti bianche, crea nel visitatore un’attesa che coincide con la ricerca inconscia di quella perfezione che è già nella natura circostante.
Non accontentatevi di quello che avete visto e andate a visitare la bella chiesa del 1694 che si vede in cima alla collina a nord del villaggio. Si tratta di San Giovanni Battista, che riserva un’iconostasi contemporanea alla chiesa, ben conservata insieme agli interessanti affreschi. Noterete sulle rive del fiume un tumulo funerario piuttosto misterioso.
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01. Le capitali della Russia: Mosca e San Pietroburgo – 02. L’Anello d’Oro e gli artigianati russi – 03. Staraja Ladoga (Karelija) – 04. Lago Onega – Isola di Kiži – 05. Un po’ di storia vista dagli scrittori
04. LAGO ONEGA – ISOLA DI KIZI
Kiži è stata per diverso tempo un centro pagano come lo erano tutte le altre mille e più isole della zona. Ci pensarono gli slavi a portare la “vera fede” nel XII secolo. Cominciarono ad apparire chiese e abitazioni di stile russo ortodosso che finirono come tutte le altre: incendiate o distrutte. Quello che ora si vede sull’isola di Kiži è un sogno realizzato in gran parte nel XVIII secolo. La chiesa della Trasfigurazione (in russo Preobraženskaja) fu fatta costruire da Nestor nel 1714, accanto a lei sorge la chiesa dell’Intercessione (in russo Pokrovskaja), costruita mezzo secolo dopo come chiesa invernale, mentre il campanile, unico per entrambe le chiese, venne edificato nel 1874 dal contadino Osipov con le sue proprie mani. Questi tre capolavori sono racchiusi in un recinto di pietra che i locali chiamano Kižiskij Pogost. La cappella di legno risale al 1390 ed è dedicata a San Lazzaro. È curioso sapere che fu trasferita in questo luogo dal monastero di Murom, una cittadina dell’Anello d’Oro, che purtroppo si visita raramente. Vi abbiamo dato tutte le notizie storiche possibili, ma questo non basta per capire la sua bellezza perché la Chiesa della Trasfigurazione non ha tempo, è l’invenzione di un architetto la cui fantasia non è stata superata da nessun altro. È il correlativo del San Basilio di Mosca. In Russia le chiese di legno sono numerose, tutte molto belle, ma la Trasfigurazione di Kiži è unica. Le sue 22 cupole, capaci di brillare anche senza il sole, la rendono irripetibile. Sono un capolavoro d’incastri, tutte ricoperte di piccole foglie di tiglio, o di pioppo secondo altri: ci si domanda chi mai abbia avuto la pazienza di mettere insieme tutte quelle scaglie senza inserire neppure un chiodo di ferro. Guardare questa meraviglia è il tentativo di entrare in un sogno proibito. Non c’è altro da dire, bisogna solo guardare e cercare di percepire quell’armonia quasi ultraterrena.
Tutte le architetture sparse su quest’isola sono degne di nota: la chiesa della Trasfigurazione non è sola, le fa compagnia la chiesa invernale e, tra le due, un piccolo campanile a cuspide completa l’insieme. La chiesa invernale dedicata all’Intercessione, piccola per non disperdere il calore della gente che vi si accalca, è la sua graziosa sorella minore, con sette cupole ben distinguibili su una base esagonale affiancata da una cappella absidale con cupoletta. All’interno l’iconostasi è un colpo d’occhio di colori brillanti, spiccano i rossi, gli ori e le figure alte e slanciate dei profeti e dei santi in piedi per far compagnia ai fedeli durante la lunga cerimonia del rito ortodosso.
Nei dintorni si trova una casa-fattoria pure di legno, con tetti a spiovente e rifiniture di legno intagliato lasciato al naturale, scurito solo dal tempo. Visitare i suoi interni è un po’ come penetrare nell’intimità della famiglia russa che in inverno resta completamente isolata dal mondo di ghiaccio che le sta attorno. In questa grande casa tutto gira attorno alla preziosa stufa che nottetempo diventa il letto dei grandi, dei piccoli o di chi ha più freddo. Al pian terreno si rifugiano gli animali che fuori morirebbero. Loro stanno più caldi e nello stesso tempo contribuiscono ad intiepidire il piano di sopra dove sono rifugiati i membri della famiglia. Naturalmente, prima di chiudersi letteralmente in casa, gli abitanti si procurano tutto quello che serve per passare l’inverno senza mai uscire. Si accumula il fieno per gli animali, si essicca il pesce e si affumica, si prepara la carne sotto sale o essiccata, si mettono in salamoia i funghi e i preziosi cetrioli di cui i russi vanno pazzi: si affronta il lungo e rigido inverno. Questo avviene ancora in molte zone della Russia. La casa è in armonia con le altre costruzioni dell’isola, e tutto è protetto dall’UNESCO. La chiesa più antica sembra sia proprio la chiesa della Resurrezione di Lazzaro del XIV secolo. Come sempre l’iconostasi quando è antica, e questa è del XVI secolo, è quanto di più interessante si possa guardare. L’isola delle meraviglie si trova isolata nel lago Onega, ed è vietato costruire altro per lasciare il luogo incontaminato e nella sua solitudine lacustre un po’ mistica. All’isola si arriva con la nave da crociera o con un’escursione giornaliera e si riparte senza lasciar traccia, almeno si spera, portando con sé quel segno indelebile che solo il bello è capace di lasciare. L’imbarcadero è anche lui un pezzo d’antiquariato, con colonnine verdi, assomiglia ai barconi a vapore di un tempo.
01. Le capitali della Russia: Mosca e San Pietroburgo – 02. L’Anello d’Oro e gli artigianati russi – 03. Staraja Ladoga (Karelija) – 04. Lago Onega – Isola di Kiži – 05. Un po’ di storia vista dagli scrittori
05. UN PO’ DI STORIA VISTA DAGLI SCRITTORI
I viaggi lungo il Volga e il Don sono stati descritti da diversi viaggiatori nelle varie epoche della storia russa. Proviamo a raccontarveli attraverso le loro impressioni nelle diverse epoche.
Lo studioso e scrittore polacco Jan Potocki ci racconta del suo avventuroso viaggio sul Volga (avvenuto nel 1797-98), dove si recò per studiare le tante popolazioni che vivevano lungo il fiume: il suo è più un resoconto scientifico che una descrizione di paesaggi. Naturalmente quando la barca spinta dai venti “vola” di qua e di là contro scogli e isole, lo racconta con una certa apprensione. Il geniale scrittore ci dice di come il fiume fosse infestato di pirati, soprattutto il tratto che da Caricyn (vicino a Volgograd) scendeva verso Astrakhan’. A quel tempo non c’erano le chiuse fatte costruire da Stalin, così i battellieri trascinavano a spalla le barche da una zona all’altra per continuare la navigazione. Un lavoraccio! Potocki si lamenta dell’equipaggio che si ubriacava selvaggiamente tutte le notti e di giorno i passeggeri erano in balia dei marinai. A quei tempi si avvistavano parecchi animali lungo le rive e i pesci erano così tanti che si vedevano nel fiume. Lo studioso per la prima volta vede i cammelli, lui conosceva i dromedari e fa notare che nell’arte sono rappresentati in modo approssimativo. Ora se ne vedono poche mandrie sparse. A quei tempi la selvaggina era tale che gli ospiti della nave andavano a caccia nei momenti di sosta e portavano a bordo delle gazze e delle lepri.
Avvicinandosi ad Astrakhan’ l’autore vede infittire i villaggi dei calmucchi lungo la riva, e le isole piene di cormorani e perfino di pellicani. In questo viaggio Jan Potocki porta con sé le Storie di Erodoto e continuamente verifica i cambiamenti avvenuti, con particolare riguardo agli spostamenti di popolazioni. Per lui, studioso di lingue comparate, arrivare ad Astrakhan’ è come entrare nella torre di Babele. Una moltitudine di genti indaffarate nei loro commerci: molti vengono dall’Asia Centrale, soprattutto dai khanati di Bukhara, Khiva, Urgenč, per acquistare russi rapiti e fatti schiavi da vendere sui loro mercati. Doveva essere sorprendente trovarsi ad Astrakhan’ a quei tempi.
L’epoca cambia, siamo ora nel 1858, Theophile Gautier compie un viaggio in Russia e racconta il suo percorso sul Volga: fare la crociera sul Volga era un po’ come fare il Gran Viaggio, quasi un’iniziazione che il grande scrittore francese non poteva perdersi.
Non passano molti anni che un’altra illustre personalità fa un viaggio in Russia e una crociera sul Volga; si tratta di Lou Andreas-Salomé, che compie una specie di fuga d’amore con il poeta tedesco Reiner Maria Rilke, tra il 1899 e il 1900. Lei di origine russa, figlia di aristocratici, lascia la Russia per l’Europa, dove diventa una personalità di fin de siècle, sposa l’orientalista Andreas ma è uno spirito libero. Sarà una protagonista al femminile della vita intellettuale dell’epoca, allieva di Freud, forse anche amante, sicuramente amante di Nietzsche. Reiner Maria Rilke, poeta di origine boema vissuto a Vienna, è considerato uno dei più importanti poeti di lingua tedesca del XIX secolo. Per entrambi la Russia diventa la vetta di una straordinaria emozione spirituale oltre la quale esiste solo la distanza, la separazione, la fine di una storia che coincide con la fine di un viaggio.
Lo scrittore Anton Čekhov fece nel 1901 il suo viaggio di nozze lungo il Volga con la moglie Olga Knipper, attrice del suo teatro. Poi ci fu la prima rivoluzione del 1905, cui seguì quella del 1918 con la guerra civile. Le crociere sul Volga ripresero il loro corso poco dopo la rivoluzione, quando ancora i battelli erano a vapore. Josefh Roth, il grande scrittore ebreo tedesco, ce ne ha lasciato una descrizione nel libro Viaggio in Russia dell’ottobre 1926, in epoca staliniana. Ci racconta della vita di bordo: specifica le classi dei passeggeri, commentando che nella prima classe stavano “i nuovi borghesi”, gli uomini della NEP (la nuova politica economica) in viaggio per le vacanze estive; descrive l’ambiente e la nuova borghesia post rivoluzionaria. Ci fa però capire che il battello è più un mezzo di trasporto locale, ci sono tutte le nazionalità che vivono lungo il fiume e nelle steppe del Caucaso: čuvashi, zingari, ebrei, tedeschi, polacchi, russi, kazaki, kirghizi. Ci sono cattolici, ortodossi, musulmani, lamaisti, pagani, protestanti. Solo questo semplice elenco da un’idea della varietà di persone e personalità che si affollavano su queste navi, che all’epoca portavano i nomi di illustri politici, come succede anche ora, quando non sono poeti o romanzieri. Roth racconta dei besprizornye che sono a bordo della nave: sono i bambini abbandonati nel periodo della rivoluzione, che vivacchiano di espedienti e che, come dice lo scrittore, “vivono di aria e di sventura”; tra questi, a suo tempo, ci fu anche Maksim Gorkij.
Infine, tra i viaggiatori più recenti, troviamo Bruce Chatwin, morto giovane; anche lui fece un viaggio sul Volga nel 1984, in piena era brežneviana con un gruppo di reduci di guerra tedeschi e alcune vedove di soldati morti in Russia. Ci racconta del viaggio e delle reazioni dei tedeschi che rivedono le località che avevano contribuito a distruggere, e che furono costretti a ricostruire come prigionieri di guerra. Al monumento ai caduti Mamaev Kurgan a Volgograd la commozione è al massimo. Non osano guardare il filmato sulla distruzione di Stalingrado ma Chatwin, che è inglese, vede il film e riferisce che non è un filmato d’odio contro la Germania, ma contro la guerra.
E la città-miraggio contornata
in lontananza da un arco specchiante,
…con una folla compatta di torri
si profila come un magico accampamento.
Sui canali della Neva tremolano le luci.
Poveri addobbi di un tragico autunno.
– Anna Akhmatova –