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01. La route Cézanne – 02. Vence – 03. La lavanda, profumo e colore della Provenza – 04. Le ocre del Luberon – 05. La Camargue a piedi e in bicicletta
Perdiamoci lungo le strade dell’arte, della storia, della letteratura, della tradizione e dei profumi, abbagliati dalla luce, sorpresi dai paesaggi cangianti e solari, immersi nella serena atmosfera agreste di questa affascinante lingua di terra, estesa fra il Rodano, il Delfinato e l’Italia, tra il sud della Francia e il Mediterraneo, fatta di sonnacchiosi villaggi, castelli imponenti, musei d’avanguardia e dimore di campagna, nel mezzo di una natura che vede acque cristalline, boschi e montagne, vigne e colorate distese di lavanda, in una sintesi di piacere, quiete e cultura. I colori, la luce, i profumi intensi e il clima mite hanno consacrato questa terra, dove l’uomo ha lasciato nel corso dei millenni profonde testimonianze della sua presenza.
Un’atmosfera medioevale permea i villaggi arroccati sui tormentati contrafforti del Luberon, dove angusti labirinti di strade selciate, passaggi e sottopassi conducono inevitabilmente a uno château. Alcuni hanno mantenuto il fascino di un tempo, senza bar o ristoranti, altri, lungo la costa o nell’immediato retroterra, sapientemente restaurati e tirati a lucido, sono diventati esempi eleganti e costosi dell’idea di pittoresco. Anche l’architettura volteggia nella storia, tra la sobrietà lineare delle chiese romaniche e delle abbazie e l’eloquente bellezza dell’arte gotica, che disegna palazzi signorili, chiostri e cattedrali.
Cannes e Villefranche, Le Lavandou e Saint-Tropez erano minuscoli villaggi di pescatori quando nell’Ottocento furono scoperti dall’aristocrazia internazionale, che già aveva fatto di Nizza la stazione balneare invernale più alla moda. Per principi e sovrani furono edificate dimore signorili dalle stravaganti decorazioni, che ancora oggi la lussureggiante vegetazione di giardini traboccanti di fiori protegge da sguardi indiscreti. Attirati dalla luce e dal colore, pittori paesaggisti verranno a dipingere e immortalare luoghi come Aix, Arles, Marsiglia, Antibes e Nizza, Saint-Tropez, Cassis o l’Estaque, ben presto affiancati da artisti più rivoluzionari. Van Gogh e Gauguin per primi, poi arriveranno Signac, Matisse, Braque, Derain e Dufy, e ancora Cézanne, Mirò, Chagall, Modigliani e Picasso, a sconvolgere con il loro estro la serena e tranquilla vita dei locali, ignari testimoni della nascita dell’impressionismo, del fauvismo, del cubismo. A partire dagli anni Cinquanta il turismo di massa, ancorché selettivo, trasforma la Côte d’Azur nel tratto costiero più costruito, sovraffollato, stracelebrato e costoso d’Europa, dove prosperano il turismo e l’edilizia, più il terziario ad esse collegato, fatto di agenti immobiliari, posteggiatori di yacht e Rolls-Royce.
Il fascino della Provenza ha fatto sognare e ispirato poeti e scrittori: Arnaut Daniel e Bertran de Born, Petrarca e Nostradamus, il marchese de Sade e Madame de Sévigné, Alphonse Daudet e Frédéric Mistral, e ancora Marcel Pagnol, André Gide, Jean Giono, Henri Bosco, Jean-Claude Izzo e, più recentemente, ha sedotto il pubblicitario inglese Peter Mayle: le mille anime della regione e i sentimenti più nascosti sono portati alla luce da poesia e letteratura. L’arte è di casa qui e alimenta un vivaio di artisti e giovani talenti che si cimentano nel teatro come nella musica, in botteghe artigiane tradizionali dove gli oggetti di sempre assumono forme originali, nella pittura, nella ceramica e nella ebanisteria, pronti a stupire nell’architettura come nel design d’avanguardia. I confini rispettano la creativa varietà che caratterizza l’arte.
01. La route Cézanne – 02. Vence – 03. La lavanda, profumo e colore della Provenza – 04. Le ocre del Luberon – 05. La Camargue a piedi e in bicicletta
01. LA ROUTE CÉZANNE
Figlio famoso di Aix-en-Provence è Paul Cézanne, precursore della pittura d’avanguardia del ventesimo secolo e fautore della transizione tra Impressionismo e Cubismo, per Matisse e Picasso “il padre di tutti noi”.
La Route Cézanne, i cui primi chilometri sono stati dichiarati monumento nazionale nel 1959, è un rilassante itinerario di 75 km intorno alla Saint Victoire che tocca i luoghi cari al pittore. Orientata da ovest a est, la montagna, dove un forte contrasto oppone il color rosso vivo dell’argilla della base al bianco del calcare che caratterizza la parte alta, soprattutto tra Le Tholonet e Puyioubier, presenta a sud un versante scosceso che domina il bacino dell’Arc, mentre a nord i pendii sfumano dolcemente verso la pianura della Durance, formando una serie di altipiani calcarei. Una sapiente opera di rimboschimento nasconde le tracce del terribile incendio del 1989. Da non perdere la deviazione fino alla Croix de Provence, da dove si abbraccia uno splendido panorama sulle montagne provenzali.
Prima sosta è lo Château Noir, affacciato sulla D17 lungo la Route du Tholonet, dove nel 1887 Cézanne affitta un piccolo locale nel cosiddetto Cortile del Pistacchio; qui realizzerà ben 19 oli e 20 acquerelli. Lo Château Noir sarà per quarant’anni la casa del pittore tedesco Leo Marchutz, che, in visita nel 1928 ad Aix-en-Provence sulle tracce di Paul Cézanne, colpito dalle luci e dai paesaggi, decise di fermarsi a vivere qui. Il suo atelier, poco lontano, è oggi sede della scuola di pittura da lui fondata e che porta il suo nome.
La strada che da Le Tholonet sale alla montagne Sainte Victoire è sicuramente cambiata molto dai tempi in cui Cézanne partiva di buon mattino per dipingere la sua modella preferita, ma è difficile non rimanere sbalorditi e scoprire all’improvviso, dopo una curva, gli stessi paesaggi immortalati dall’artista, ma che appaiono meno veri, meno reali di quelli dipinti; paesaggi che si sveleranno completamente all’incrocio con la strada di Beaurecueil, prima di raggiungere Puyioubier.
A Vauvenargues, nel parco della villa Roque acquistata nel 1958, all’ombra di due cipressi, riposano le spoglie mortali di Pablo Picasso e dell’ultima moglie Jaqueline. La villa non è accessibile al pubblico, ma d’inverno, quando gli alberi sono spogli delle foglie, è possibile dal paese scorgere La Femme au vase, il bronzo che presentò insieme al dipinto Guernica all’Esposizione Universale di Parigi del 1937.
Verso Saint-Marc-Jaumegarde, il versante nord della Sainte Victoire si svela più verde grazie alla presenza dei laghi creati dal Barrage Zola, la prima diga ad arco del mondo, che François Zola, padre dello scrittore Émile, progettò nel 1843. Il Barrage Zola è ritratto in una tela di Cézanne conservata nel Museo Nazionale del Galles a Cardiff.
Poco prima di rientrare in Aix, è la deviazione sulla sinistra per le Cave di Bibémus, cave di pietra sfruttate fin dall’epoca romana, ma ormai inutilizzate già da decenni, quando, nel 1896, Paul vi prende in affitto un capanno. Lo attirano il paesaggio colorato, roccioso e caotico, abbandonato dall’uomo, dove il mondo minerale incontra quello vegetale e le pareti di molassa calcarea mostrano le striature oblique disegnate dai colpi di piccone inferti dai minatori. Cézanne trova l’ispirazione per dipingere, tra il 1895 e il 1904, undici oli su tela e sedici acquerelli, tra cui Le rocce rosse conservate al Musée de l’Orangerie di Parigi, le tre Cave di Bibémus che arricchiscono le collezioni della Fondation Barnes, di Stephen Hahn a New York, e di un privato di Kansas City, e infine Il Monte Sainte-Victoire visto dalla cava di Bibémus, esposto al Museo d’Arte di Baltimora.
01. La route Cézanne – 02. Vence – 03. La lavanda, profumo e colore della Provenza – 04. Le ocre del Luberon – 05. La Camargue a piedi e in bicicletta
02. VENCE
Deliziosa cittadina dell’entroterra [della Costa Azzurra], riparata dai venti da colline rivestite di fiori, di ulivi e di aranci e racchiusa all’interno di un giro ellittico di mura, Vence, la romana Vintium, offre uno scenario da fiaba: un centro storico deliziosamente provenzale con piazzette odorose di mercato, fontane zampillanti e una magnifica vista sulla valle. Aperta su place du Fréne, dove un frassino secolare ricorda la visita di re Francesco I e del papa Paolo III, la Porte du Peyra, dominata da una torre quadrangolare, introduce a place du Peyra con la sua originale fontana a forma di urna. Al n. 2 di place du Frêne, lo Château de Villeneuve, solido castello signorile del XVII secolo, dal 1992 è sede della Fondazione Emile Hugues, importante punto espositivo di arte moderna e contemporanea.
Passeggiare la mattina fra i banchi del mercato in place du Grand Jardin, soffermarsi davanti alle botteghe del centro storico dalle insegne vivaci e ammirare il tramonto dalle mura sono solo alcuni dei piaceri che offre la cittadina. Rue Alsace-Lorraine conduce alla place Clemenceau, con la Cathédrale de la Nativité-de- Marie de Vence, costruzione a cinque navate, iniziata nel IV secolo in stile romanico, ma più volte rimaneggiata fino a prendere la forma definitiva nel XII secolo. Sulla facciata, a sinistra una lapide reca scolpita una dedicatoria della città di Vintium all’imperatore Gordiano III del 239, mentre a destra è una dedicatoria a Marco Aurelio Antonino, detto Eliogabalo, del 220. Il battistero è decorato da un mosaico di Marc Chagall che rappresenta Mosé salvato dalle acque.
A Vence Matisse affitta la villa Le Rêve, nell’attuale avenue Henri Matisse. L’intenzione è di restarvi poche settimane, ma, toccato dalla luce e affascinato dalla dimora, dalla terrazza, dai fiori, dai pennacchi delle palme che riempiono le finestre, vi si fermerà cinque anni. Qui il maestro rende visita agli amici Gide e Rouveyre, e riceve Picasso, Aragon, Breton e Bonnard.
La prova più tangibile della sua presenza è la Chapelle du Rosaire, al n. 466 di avenue Henri Matisse, progettata e decorata come ringraziamento alle suore domenicane di averlo accudito durante la convalescenza per un intervento chirurgico che lo aveva costretto sulla sedia a rotelle. Tra le suore che lo assistettero c’è suor Jacques Marie, al secolo Monique Bourgeois, in passato sua infermiera e modella per i dipinti L’idole, La robe verte e Les oranges. È per sua intercessione che Matisse accetta di decorare la Chapelle; in un primo tempo pensa alle sole vetrate, poi, preso dall’entusiasmo, si consacrerà all’intero progetto, che amava definire il suo capolavoro malgrado tutte le imperfezioni. Vi lavorò dal 1947 al 1951, non volle alcun onorario e pagò di tasca propria i lavori di progettazione e realizzazione dell’opera, tanto si era appassionato all’idea. I trascorsi, anche se solo professionali, tra Matisse e Monique Bourgeois, non potevano sfuggire ai media dell’epoca, che, con insistenza morbosa, cercarono di costruire illazioni sull’amicizia fra il pittore e suor Jacques-Marie. Vogue scrisse un articolo dal titolo His old friend, ripreso da un giornale francese, con un disegno del pittore e di una modella in atteggiamento romantico, e Match titolò, mesi dopo, “Matisse sacrifica 800 milioni per suor Jacques, una domenicana”.
Nonostante l’irritazione delle autorità ecclesiastiche, con cui Matisse si scontrò anche per alcune scelte progettuali, la Chapelle fu inaugurata il 25 giugno 1951 dal vescovo di Nizza; Matisse, gravemente ammalato, non era presente. Dall’avenue Henri Matisse la cappella appare piccola e con una pianta irregolare, e già dall’esterno colpiscono il tetto con tegole smaltate in bianco e azzurro: il cielo con le nuvole, ed il campanile stilizzato a forma di anemone capovolto, con il gambo che termina in una croce di ottone scintillante e la campana a disegnare la corolla. All’interno un giallo limone, la luce, un verde vivo, la natura vegetale, e un blu d’oltremare puro, il cielo mediterraneo, rivestono le vetrate di colori audaci; ma le parti gialle sono opache perché all’occhio umano non è concesso focalizzare l’immagine di Dio. La vetrata dietro l’altare, realizzato in una particolare pietra che richiama l’aspetto del pane, rappresenta l’albero della vita.
Tutto è sublime armonia e maestosa semplicità perché i visitatori si sentano “purificati e liberati dai loro fardelli”. Le decorazioni sulle pareti sono in nero su piastrelle bianche: sopra l’ingresso la via Crucis, a destra la Madonna con il bambino, già con le braccia tese a forma di croce, e San Domenico, fondatore dell’ordine.
In un corridoio attiguo alla cappella sono esposti gli studi preparatori a carboncino e a china e i paramenti sacri dai colori inconsueti: rosa, giallo, verde acqua, con applicazioni ispirate al cactus, da lui disegnati. Pare che la Chapelle du Rosaire di Vence sia uno dei monumenti più visitati della Provenza.
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03. LA LAVANDA, PROFUMO E COLORE DELLA PROVENZA
“La lavanda è libertà, è freschezza, calma e grandezza dell’Alta Provenza” – Jean Giono
Le parole di Giono rimandano alle odorose distese di fiorellini blu-viola adagiati nel verde intenso dei soleggiati declivi della Vaucluse e delle prealpi del Midi e delle dolci vallate che si allungano sotto un cielo azzurro reso terso e cristallino dal mistral. Narra la leggenda che Lavandula, fata bellissima dagli occhi azzurri e capelli biondi, nata fra le selvagge montagne della Lure, nello sfogliare un libro di paesaggi si commosse davanti alla desolazione delle povere terre dell’Alta Provenza e versò alcune lacrime del colore degli occhi che macchiarono la pagina. Cercando di cancellare con il dito le chiazze, la fata tracciò strisce di colore su tutta l’immagine, le stesse che oggi disegnano i campi di lavanda in fiore.
Detta anche spighetta di San Giovanni per la forma delle infiorescenze che si aprono in prossimità del solstizio d’estate, la lavanda è un arbusto rustico e resistente, che cresce spontaneo nelle zone mediterranee assolate, negli angoli più selvaggi della montagna, sugli aridi e pietrosi pendii battuti dal sole e dal mistral. Pur offrendo la natura provenzale numerose essenze apprezzate per il loro aroma, les herbes de Provence, è la lavanda di gran lunga la più importante per il pregiato olio essenziale. Conosciuta già dai Romani, e prima di loro dai Galli, per il profumo e le proprietà rilassanti, nei primi trattati di medicina la lavanda è consigliata per alleviare insonnia e emicrania, curare disturbi digestivi, combattere tossi, bronchiti, laringiti e asma, sanare bruciature, ferite e punture di insetti. Si credeva anche che i guantai di Grasse fossero immuni dalla peste grazie all’olio utilizzato per profumare i pellami, mentre più probabilmente era l’odore del cuoio conciato che allontanava le pulci.
Agli inizi del ‘900 la coltivazione della lavanda si diffuse sempre più, in quanto offriva un guadagno più immediato rispetto al grano, alle patate e alle altre colture tradizionali, tanto che si diffuse il proverbio: “Bonne baiassiere vaut mieux que champ de blé” e cioè “un buon campo di lavanda vale di più di un campo di grano”.
Come un oceano, le distese fiorite sfumano in lontananza fino all’orizzonte, sovrastano il giallo del grano e dei girasoli, si insinuano sotto le chiazze scure di cipressi isolati, circondano casolari in pietra, formano linee di colore che paiono convergere verso villaggi sonnacchiosi; altre volte affiorano qua e là dalla chiara roccia, risalgono il declivio, curvano e paiono gettarsi in una vallata tra monti ricoperti da rigogliosa vegetazione interrotta a tratti da scoscese pareti di calcare, dove le acque hanno disegnato solchi scuri. La Provenza dipana così il suo fascino incantatore d’inconfondibile profumo, mentre il ronzio di api e calabroni interrompe il silenzio e gli occhi si colorano di viola. Cosa farebbe l’industria delle cartoline illustrate senza la lavanda?
Ma nella lavanda c’è molto di più che il semplice piacere per gli occhi, c’è vita e lavoro di migliaia di famiglie e la ricchezza economica di un territorio altrimenti condannato all’arretratezza, e la sua coltura si estende ben oltre i confini della Provence-Alpes-Côte d’Azur per abbracciare le valli della Drôme e di Buëch della regione Rhône-Alpes, dove la natura inclemente mette a dura prova i coltivatori.
In passato il fiore era raccolto a mano dalle donne e deposto in una sacca della gonna, tanto da essere pagato a grembiule, ma oggi macchine trebbiatrici, simili a quelle utilizzate per il grano ma con un diverso pettine di raccolta, abbracciano letteralmente i filari e separano gli steli dal fiore. I carri che trasportano il raccolto alle vicine distillerie sono verniciati di color lilla, ma è sufficiente il profumo che si diffonde nell’aria per rivelarne il contenuto. Oggi i problemi non derivano tanto dalla natura, bensì dalla concorrenza dei paesi dell’est europeo, che forniscono un prodotto a prezzi tanto bassi da invadere anche il mercato francese, una concorrenza che i produttori stanno cercando di contrastare attraverso l’associazionismo e la creazione di una Appellation d’Origine Contrôlée (AOC) per tutelare l’olio essenziale di lavande fine. Raccolte all’inizio dell’estate e fatte essiccare in luogo ombroso e ventilato, le sommità fiorite delle spighe, posate libere o infilate in sacchetti, profumano la biancheria e sono efficaci antitarme.
Oltre che nei giardini e nei cassetti della biancheria, nella cosmesi e nella medicina, la lavanda è entrata di prepotenza anche in cucina per aromatizzare marmellate e dolci, profumare vino rosso e aceto, preparare gelatine o, mescolata ad altre herbes, insaporire gli stufati; abbiamo poi i fiori canditi, per non parlare del miele, un prodotto chiaro e delicato apprezzato dai buongustai, e del gelato, di un bellissimo viola acceso! La lavanda si trova nei musei, nei giardini, nelle distillerie, nei mercati, nelle fiere e sagre che scandiscono i giorni della fioritura e della raccolta, che, com’è giusto che sia per una pianta da cartolina illustrata, coincidono coi mesi in assoluto più turistici: dalla fine di giugno ad agosto avanzato, secondo la varietà, il clima, l’altitudine e l’esposizione al sole.
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01. La route Cézanne – 02. Vence – 03. La lavanda, profumo e colore della Provenza – 04. Le ocre del Luberon – 05. La Camargue a piedi e in bicicletta
04. LE OCRE DEL LUBERON
Un arcobaleno di colori dalle sfumature che vanno dal bianco al rosso, passando per il giallo, il verde e il vermiglio: ecco le ocre del Luberon. Estesi per oltre 25 km, da Gignac a Saint-Pantaléon, i giacimenti di ocra del Luberon rendono celebri i villaggi di Roussillon, Argas, Rustrel, Villars.
Per apprezzarli in tutte le loro nuances bisogna percorrere il Sentiero delle Ocre a Roussillon e visitare il Colorado Provenzale a Rustrel, vero prodigio della natura, così chiamato per le tonalità diverse di colori intensi che decorano una successione di canyon, guglie, gallerie, belvederi naturali e circhi artificiali, ove le falesie si alternano a profondi burroni e il contrasto tra le gradazioni di giallo e rosso della roccia e il verde della vegetazione crea una vera tavolozza di colori che al tramonto esprimono la massima pittoricità.
Situato nel cuore del più importante giacimento d’ocra del mondo, Roussillon deve la celebrità alle impressionanti falesie e cave di pigmento, un vero arcobaleno che sfuma dal bianco al rosso passando per il giallo il verde e il vermiglio. La leggenda vuole che la terra si sia tinta del rosso del sangue della bella Sirmonde, sposa di Raymonde d’Avignone, che si gettò dall’alto delle falesie dopo che il marito aveva trafitto l’amante, un giovane e aitante trovatore.
Roussillon è il paese dell’ocra, arroccato su balze rocciose dal colore rosso vivo, immerso nel verde intenso della vegetazione mediterranea, tra cedri e pini, dove case e ambiente si confondono, e risalta il colore ambrato degli edifici del quartier rouge, dove i muri illuminano le strade di una magica luce rosata.
Tante botteghe, angoli dove il tempo si è fermato, piazzette deliziose e piccoli anfratti poetici: è un luogo magico, una tavolozza di colori vivente dove è impossibile non osservare ogni angolo, ogni persiana colorata, ogni fazzoletto di giardino fiorito che si staglia contro i muri arancioni delle case. Tutto concorre a renderlo spettacolare, anche se ha perso un po’ dell’originale spontaneità, diventando più turistico di altri, pieno di negozi e bottegucce di souvenir.
Di qui parte il Sentiero delle Ocre, un sentiero attrezzato che si snoda per circa un chilometro lungo un piccolo canyon, tra torri e pinnacoli modellati dall’acqua, dalla pioggia e dal vento, e dove tutte le sfumature di rossi, arancioni e gialli hanno trovato rifugio nelle terre e nelle stravaganti rocce dalle forme ardite che disegnano la valle delle fate e le falesie dei giganti, formazioni dagli intensi colori cangianti a seconda dell’ora del giorno e della posizione. A causa dell’erosione ancora in atto, il sentiero è ricoperto da una morbida e sottile polvere colorata che si attacca a scarpe e vestiti.
Meno famoso e frequentato di Roussillon, Rustrel è forse il luogo migliore ove ammirare i colori e le falesie delle ocre. Qui l’erosione e l’intervento dell’uomo hanno plasmato un paesaggio dal rilievo tormentato e dall’aspetto fantasmagorico: valloni dai contorni stravaganti che ricordano i canyon americani, camini di fate per equilibristi e una tavolozza di colori eccezionale, tanto da meritare l’appellativo di Colorado Provenzale. Numerosi itinerari, di varie difficoltà e lunghezze, partono dal parcheggio attrezzato, permettendo di esplorare i diversi paesaggi delle cave e ammirare i più bei camini delle fate, spettacolari pinnacoli di sabbia pietrificata dai colori che vanno dal giallo all’arancione e che contrastano con il verde dei pini.
01. La route Cézanne – 02. Vence – 03. La lavanda, profumo e colore della Provenza – 04. Le ocre del Luberon – 05. La Camargue a piedi e in bicicletta
05. LA CAMARGUE A PIEDI E IN BICICLETTA
Per chi ama camminare o pedalare esiste una ramificazione labirintica di strade e sentieri che costeggiano acquitrini e spiagge assolate, dove è possibile ammirare e fotografare nel loro ambiente gli animali allo stato brado e dedicarsi in silenzio al birdwatching.
Al Phare de la Gacholle, costruito sulla Digue à la Mer nel 1882 per segnalare l’accesso al Mouillage di Beauduc ed evitare la pericolosa punta del Sablon, si può arrivare sia in macchina, seguendo la strada D36B che costeggia l’Étang de Vaccarès, sia a piedi o in bicicletta, percorrendo il sentiero della diga da Saintes-Maries-de-la-Mer. La biciclettata, anche se tutta in piano, è impegnativa e faticosa in quanto si svolge su terreno sterrato, pieno di buche e in alcuni tratti anche ricoperto di sabbia. Acqua e viveri sono d’obbligo, in quanto per diversi chilometri non si trovano né fontane né punti di ristoro.
Dal faro si può continuare verso Salin de Giraud, fra la terra spaccata dal sole, il mare blu cobalto, gli acquitrini cangianti e i fenicotteri rosa. Il primo posto utile per fermarsi a mangiare è il Mas de Saint-Bertand, un vecchio mas con un meraviglioso e rinfrescante dehors sotto i platani, che serve piatti del terroir, tra cui un’impareggiabile gardianne de taureau, fra sculture realizzate con attrezzi agricoli arrugginiti. Molto charme e tanta gentilezza. Per chi desidera soggiornarvi sono a disposizione qualche camera e due appartamenti.
Salin-de-Giraud, sulla riva destra del Grand Rhône, è un insediamento nato nel 1856 grazie a Henri Merle, fondatore dell’industria chimica Péchiney, che sfruttava l’elettrolisi del sale per ottenere sodio e cloro. Di fianco agli impianti industriali, Merle costruì gli alloggi per gli operai che vi lavoravano. Nel 1895 anche la Solvay aprì i suoi impianti, dando vita a quello che oggi si chiama Quartier Solvay dalle caratteristiche case rosse, nel tipico stile dei quartieri operai del nord Europa, per alloggiare i lavoratori provenienti da Armenia, Italia e soprattutto dall’isola di Kalymnos, nel Dodecanneso. Oggi le immense montagne di sale delle Salines du Midi e Melchior Investissements & Industries scintillano silenziose al sole, disturbate solo dal rumore del vento, e le vasche della raccolta si accendono di magici colori viola e rosso sangue al tramonto grazie alla presenza di un micro organismo unicellulare, la Dunaliella salina. Da Salin de Giraud si raggiungono le splendide spiagge di Piémanson e Beauduc.
Al Bac de Barcarin un battello traghetta a pagamento gli autoveicoli attraverso il Grand Rhône fino a Port Saint-Louis-du- Rhône, permettendo di proseguire per Marseille e Aix en Provence senza dover risalire ad Arles. All’estremità opposta della Camargue, al Bac du Sauvage, un servizio analogo sul Petit Rhône consente di raggiungere rapidamente la splendida cittadina murata di Aigues Mortes, voluta da re Luigi IX il Santo, già in Languedoc-Roussillon. Qui un trenino permette di visitare da marzo a novembre Le salin d’Aigues-Mortes, dove ogni anno si raccolgono 10.000 tonnellate di sale su quasi 100.000 ettari di bacini di decantazione; il circuito si conclude con la visita del museo del sale.
Sulla strada di Arles, a 4 chilometri da Saintes-Maries-de-la-Mer, nel Parco ornitologico di Pont de Gau, un sentiero costeggia l’Etang du Vaccarès, con postazioni per l’osservazione di fenicotteri rosa, aironi porporini, merli acquatici, ma anche garganelle, castori, tori e cavalli bradi. Le ore migliori sono il mattino presto e la sera. In alcune voliere sono curati uccelli feriti prima di essere rimessi in libertà.
Ci sono pittori
che scrivono con le rime e disegnano foreste
entro cui vanno a vivere con i loro amori.
– Alda Merini –