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Algeria

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Abbiamo selezionato questi estratti dalla nostra guida per te
perché possa provare il piacere di leggere i libri Polaris

01. Algeri, la bianca 02. Djanet, la perla del Tassili 03. L’altopiano del Tassili: un museo a cielo aperto 04. Tadrart 05. La Gourara: il miracolo dell’acqua

Tante volte, intorno al fuoco, gli ospiti mi hanno fatto la stessa domanda: “Come sei arrivata qui?” Allora, immaginando di essere ancora una volta intorno a un fuoco scoppiettante sotto un tetto di stelle, vi racconterò come sono arrivata qui, in Algeria.

Il primo viaggio fu con un amico che organizzava viaggi: partimmo con i fuoristrada da Genova arrivando al porto di Tunisi, per poi iniziare la lunga attraversata di Tunisia e Algeria. All’epoca, l’Algeria non aveva una buona fama e partii con un po’ di insicurezza e di paura, mai immaginando l’effetto che questa esperienza avrebbe avuto su di me. Il viaggio, tra forature e rotture meccaniche, proseguì lungo un percorso che si presentò ben più impegnativo di quello che può essere oggi. Arrivammo a Djanet, e lì trovai “casa”: da quella volta il Sahara, la gente, i colori, la luce, le stelle e la sensazione unica che si prova nel deserto non mi avrebbero più abbandonato e io non avrei abbandonato loro.
A quell’epoca studiavo, ma tornando a casa decisi che mi sarei cercata qualcosa da fare nel tempo libero che mi permettesse di pagare l’aereo e l’albergo per tornare laggiù ogni volta che lo desiderassi. Pasqua e Natale erano le mie vacanze scolastiche e, da quell’anno, le passai sempre a Djanet, iniziando ad accarezzare l’idea di andarci a vivere, benché a Djanet non ci fosse nulla! Sembrava di vivere in un presepe e in un film al tempo stesso. Ma le passeggiate di sera nelle strade di Djanet, alla luce delle stelle, avvolti nei burnus (mantello con cappuccio) di lana di cammello, le code ai taxiphone per telefonare in Italia, il gusto di una Coca Cola arrivata là chissà come … sono tutti ricordi che non mi lasceranno mai!
[Dopo un periodo in Libia] decisi di tornare finalmente a Djanet: fu un viaggio dei ricordi e di malinconia, ritrovando il passato, gli amici, ma soprattutto i luoghi intatti, fermi nell’apparente immobilità del deserto. Costruii un campo nel deserto più bello del mondo e dormii per terra per cinque notti alla settimana, per sette anni! Certo la schiena fu messa a dura prova, ma le emozioni e le soddisfazioni più grandi arrivarono proprio in quel periodo: il momento più emozionante, forse, fu quando la mia guida tuareg mi disse di fare da apripista di notte nel deserto. Ero una giovane donna e straniera, e questa era la massima dimostrazione di fiducia che potessi avere.
Quando mi accorsi che lavorando e accogliendo turisti tutte le settimane non vedevo più il deserto, mi fermai. Era una mattina di settembre, l’aria era frizzante come piace a me, il cielo terso, i colori emozionanti: rimasi basita pensando a quanto tempo fosse che non mi emozionava più il mio deserto. Quanti mesi erano passati dall’ultima volta che avevo guardato il deserto, nonostante lo vedessi tutti i giorni? Troppi, lo stavo perdendo! Allora decisi che era ora di tornare in Italia e lasciare che il deserto mi chiamasse.
Così l’esperienza finì e io ricominciai ad andare nel deserto solo per il puro piacere di viverlo, di stare ad ascoltare i miei passi sulla sabbia e il mio cuore battere nella notte, addormentandomi guardando le stelle.

01. Algeri, la bianca – 02. Djanet, la perla del Tassili 03. L’altopiano del Tassili: un museo a cielo aperto 04. Tadrart 05. La Gourara: il miracolo dell’acqua

01. ALGERI, LA BIANCA

Algeri è la capitale dell’Algeria, in arabo El Djezair (l’isola), nome che le è stato dato nel periodo ottomano e che si riferiva ai piccoli scogli che si trovavano di fronte al porto e che furono inglobati da un lungo molo, durante lo stesso periodo. È forse la più bella città del Nord Africa, con i suoi quartieri francesi, ricchi di grandi edifici costruiti dai nomi importanti dell’architettura del secolo scorso, e con la casbah, il quartiere più antico che domina il mare dalle alture delle colline su cui la città è stata costruita. Vista dal mare appare come una collina bianca; arrivando in aereo si sorvola tutta la città a est, godendo della vista sulla grande baia; arrivando via terra, dall’aeroporto, si scoprono invece i quartieri meno affascinanti, nati dopo l’indipendenza. Una passeggiata sulla parte alta della città, uno sguardo da una delle centinaia di terrazze della casbah o da uno dei punti panoramici vi farà apprezzare questa città, divenuta importante durante il periodo ottomano.
Algeri oggi si presenta come un insieme di architetture legate al periodo di costruzione: la casbah, il nucleo più antico, a ovest, la città francese e i quartieri arabi a est. Inutile dire che i quartieri moderni non hanno assolutamente nessun fascino e non fanno parte di un circuito turistico della città. Algeri si sviluppa nella grande baia, chiusa da una parte dal porto e dalla parte opposta da un promontorio, mentre le colline ospitano in parte i quartieri residenziali e quelli delle ambasciate. L’orientamento può essere difficile perché l’estensione è veramente incredibile! Alle spalle del mare sono sorti altri nuovi quartieri con alveari spaventosi ed edifici in marmo e vetro adibiti a uffici; li divide, dalla parte più vecchia della città, la nuova autostrada, sempre soffocata da un traffico che, durante le ore di punta, diventa insopportabile. Questo non è relativo solamente all’autostrada ma anche al centro città; si sono costruiti tunnel e sovrapassi, ma il numero di automobili, la mancanza di educazione stradale (parcheggi selvaggi che ultimamente sono diventati mira di vigili implacabili) e la struttura stessa della città non aiutano ad agevolare e smaltire questa vera e propria croce, tant’è che mi sento di consigliarvi di girare la città (quanto meno il centro francese fino alla casbah) a piedi: riuscirete a vedere tanto di più piuttosto che stare bloccati per ore nel traffico. Per questo motivo è ottimo avere un albergo in centro, evitando quelli dislocati in zone che all’ora di punta sono letteralmente bloccate. Se volete, invece, avere una visione di Algeri deserta, il venerdì mattina è il momento ideale: non c’è nessuno per strada, i negozi sono chiusi (aprono poi nel pomeriggio dopo l’ora della preghiera) e voi circolerete tranquillamente.
Rispetto alle altre città dei paesi arabi, Algeri è ancora strutturata per la popolazione locale, senza tener conto del turista e questo può essere un lato positivo, ma ovviamente troverete molti meno servizi e negozi di souvenir. Le catene internazionali presenti riguardano solamente gli alberghi (e non in centro), sono completamenti assenti quelle dei ristoranti, mentre i negozi delle grandi firme stanno comparendo solo ora nella zona di Didouche Mourad. Giudicate voi … in un momento in cui in qualsiasi città si trovano gli stessi negozi di moda, gli stessi hamburger o la stessa pizza, forse è un bene che ad Algeri manchi tutto questo, rendendo la città, non si sa ancora per quanto, ancora legata alle sue tradizioni, di artigianato, cibo e shopping.

01. Algeri, la bianca – 02. Djanet, la perla del Tassili – 03. L’altopiano del Tassili: un museo a cielo aperto 04. Tadrart 05. La Gourara: il miracolo dell’acqua

02. DJANET, LA PERLA DEL TASSILI

Detta “La Perla del Tassili”, vista la splendida palmerie che si srotola sulle sponde del Wadi Idjeriou, Djanet è in realtà il nome di uno dei cinque villaggi che compongono l’oasi: El Mihan, Adjahil, Azelouaz, Ain Berber, Tin Katma. In epoca francese era un avamposto militare, vista anche la vicinanza della frontiera con la Libia, e prendeva il nome dal fortino che sovrastava l’oasi, Fort Charlet. A 1.094 metri sul livello del mare e protetta a est dall’altopiano del Tassili, gode di un buon clima durante tutto l’anno. Dichiarata patrimonio dell’Unesco, in origine era solo composta dai tre ksour (in arabo villaggi fortificati) abbarbicati su tre colline, protetti dalle piene del fiume; a partire dal 1960, con l’inizio della sedentarizzazione del popolo tuareg, i tre ksour furono semi abbandonati, preferendo alle antiche case in argilla e pietra quelle moderne dotate di più comfort.
Oggi la cittadina si snoda lungo la via principale ed è qui, infatti, che si svolge la maggior parte delle attività e della vita sociale dell’oasi: il mercato, gli uffici del Parco del Tassili, le banche, l’ospedale, gli uffici dell’Air Algerie e l’Hotel Zeriba si trovano lungo la strada principale, che dall’ingresso dell’oasi porta fino al quartiere più esterno chiamato Ain Berbere. L’oasi è anche il punto di partenza per la visita dei luoghi più belli che il deserto algerino può offrire: l’altopiano del Tassili, museo a cielo aperto di arte rupestre, il Tadrart, un sogno di sabbia e rocce di incredibile fascino, Ali Demman e le guglie di arenaria, l’Erg ad Mer, la guelta di Essendilene, un canyon di oleandri in pieno deserto, Tikabaouine … solo per citarne alcune.

Sebiba: la festa dei tuareg

Questo è l’appuntamento più importante di Djanet, la festa annuale dei tuareg, la cui data cambia con il calendario lunare musulmano e si celebra durante i giorni dell’Achoura. Tuareg provenienti anche dai paesi limitrofi si ritrovano per questa festa, che ha radici molto antiche: si dice che risalga addirittura a 3.000 anni fa, quando Mosè (Moussa) sconfisse le truppe di Pharaon, re dell’Egitto, annegato nel Mar Rosso. In quel tempo si racconta che tribù del Tassili erano in guerra tra di loro e che, appresa la notizia della morte del re d’Egitto, acconsentirono a sugellare la pace. Al giorno d’oggi due quartieri di Djanet fingono il combattimento e poi la pace, simulando le tribù in guerra: El-Mihane e Zallouaz.
I due gruppi di tuareg si combattono a suon di danze, abbigliati con abiti tradizionali e il consueto taguelmoust, il copricapo dei nobili, color indaco. Le donne incoraggiano le due fazioni con canti e musica e per l’occasione portano i gioielli tradizionali e abiti sfavillanti di pailettes che luccicano al sole. Colori, danze e musica rendono la festa uno dei momenti indimenticabili di un soggiorno a Djanet.

01. Algeri, la bianca 02. Djanet, la perla del Tassili – 03. L’altopiano del Tassili: un museo a cielo aperto – 04. Tadrart 05. La Gourara: il miracolo dell’acqua

03. L’ALTOPIANO DEL TASSILI: UN MUSEO A CIELO APERTO

È l’altopiano che arriva fino a 2.000 m di altezza, frontiera naturale tra la Libia e l’Algeria. È anche uno dei musei sahariani a cielo aperto più importanti, che conserva la più grande galleria d’arte parietale preistorica del mondo, vista la presenza di innumerevoli pitture e graffiti rupestri: Tamrit, Sefar, Jabbaren sono i siti di maggior interesse. Fu Henry Loyte, soldato dell’esercito francese, a scoprirne per primo i tesori preistorici e fu lui a iniziarne la catalogazione e lo studio. Escursioni a piedi prevedono il soggiorno da uno a nove giorni per ammirare appieno il panorama e l’arte parietale nel suo splendore. Bisogna ricordare che, soprattutto in inverno, le temperature possono essere molto rigide, anche una decina di gradi sotto lo zero: è importante avere l’equipaggiamento giusto per godersi l’escursione. Il materiale da campeggio viene trasportato da una carovana di asini per tutta la durata del soggiorno, rendendo più agevole la passeggiata. Vi sono più punti (akba) da cui iniziare la risalita fino all’altopiano; quelli più utilizzati dai percorsi turistici sono l’Akba Tafilalet, per raggiungere Tamrit e Sefar, e l’Akba Aroum, per raggiungere Jabbaren.
[…] Ai piedi dell’altopiano, all’alba, si scorgono gli asini e i conduttori, pronti a caricare tutte le mercanzie necessarie all’escursione. È il punto di partenza per la visita del Tassili, a 12 chilometri a est di Djanet. Lo si raggiunge in auto, ma da qui la risalita del Tassili si effettua solo a piedi. Per raggiungere la sommità del plateaux ci vogliono 4-5 ore di marcia e l’ultima mezz’ora abbondante è quasi una scalata tra i massi. Quando si raggiunge la sommità l’impressione è di aver raggiunto il tetto del mondo e ci si rende conto che lassù esiste un altro mondo identico a quello sottostante: picchi di roccia, archi, dune si ripetono come un deserto al piano rialzato. Il panorama durante la risalita è uno dei più belli della regione.

Tamrit

È questo uno dei siti principali di arte rupestre del Tassili ed è anche il luogo dove possono essere visti i cipressi millenari (Cupressus dupreziana), taraout in tamashek, veri e propri fossili viventi che sono riusciti a sopravvivere dal periodo in cui il Sahara era ricoperto da immense foreste. Tutta la zona è caratterizzata da colonne rocciose alte dai 10 ai 20 metri, che rendono la zona simile a un labirinto roccioso, nei cui anfratti vi sono le più belle pitture della regione. Una di queste, scoperta da Djebrine (la guida di Henry Loyte), raffigura dieci antilopi cavalline magistralmente dipinte in ocra, rosso e bianco. Un’altra straordinaria scena è quella dei 65 buoi in ocra rossa, sorvegliati dai loro guardiani; la scena che ha destato forse più interesse è quella della cosiddetta “barca egiziana”, un’imbarcazione con prua e poppa ricurve (suggerisce il papiro come materiale di costruzione) con alcune piccole figure all’interno, i cui contorni sono troppo lacunosi per capire cosa stiano facendo. Un’altra scena è quella con i cacciatori dal corpo tatuato e armati di archi e giavellotti che inseguono delle antilopi: non è il soggetto interessante, ma il fatto che si riconosca nei corpi degli animali il contorno che probabilmente veniva fatto in preparazione alla pittura.

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01. Algeri, la bianca 02. Djanet, la perla del Tassili 03. L’altopiano del Tassili: un museo a cielo aperto – 04. Tadrart – 05. La Gourara: il miracolo dell’acqua

04. TADRART

È la zona dell’Akakus-Tadrart divisa dalla frontiera politica tra Libia e Algeria: Akakus è in territorio libico e Tadrart in quello algerino. Di sicuro la zona più affascinante anche per il viaggiatore più esigente. Partendo da Djanet si segue la strada che porta al confine libico, per poi deviare sulla destra per imboccare il Wadi Indjeran. Il letto del wadi costituisce una delle due piste percorribili in auto che danno accesso al Tadrart. Lungo le rocce delle valli scavate dal wadi e dai suoi numerosi affluenti vi sono centinaia di pitture e graffiti rupestri. Ma è sicuramente il paesaggio l’attore principale: dune di sabbia, rocce, archi, grotte, dove i colori della sabbia sfumano dal giallo al rosso ocra. All’interno numerose sono le zone indimenticabili.
Tra tutte ricordiamo Mul en Nagha, un anfiteatro di rocce, riempito di dune di sabbia di tre colori, che al tramonto si impreziosiscono di magiche ombre, e Tin Merzougha con le dune rosso ocra, quasi al confine libico: salendo sulla duna più alta il paesaggio al tramonto è mozzafiato. Poche zone del Sahara possono dare le stesse emozioni! Vi sono poi wadi importanti che si intersecano nel cuore del Tadrart: Bohedienne, con la sua guelta, le sue pitture e i suoi dolmen di pietra, e Talafaso, dove vivono i mufloni selvatici.
[…] Per il momento si accantona l’arte rupestre per ammirare il paesaggio che da questo punto in poi è decisamente emozionante! Sulla strada, dopo un immenso paleolago con due belle acacie al centro, si trova una scultura naturale che sembra un porcospino: “giochi” tra vento e sabbia! La salita che avete di fronte vi permette di avere una visione controsole del paesaggio appena lasciato. Subito dopo, però, c’è il momento forse più emozionante di tutto il viaggio, uno scorcio che difficilmente lascia indifferenti: vi troverete di fronte Tin Merzougha, la duna che canta! La sabbia è di un rosso ocra e le dune immense, il palcoscenico ideale di un sogno …
Salite sulle dune per ammirare il tramonto che vi siete meritati arrivando fino a qui! Uno spettacolo che appartiene a un altro mondo, apocalittico, marziano forse, ma splendido. Difficile trovare le parole giuste per descriverlo! Se ne avete la possibilità potete campeggiare sulle dune, per ammirare anche l’alba. L’indomani con il rosso ocra negli occhi si può decidere di tornare verso il Wadi Bohedienne per ammirare ancora un anfratto di roccia con pitture del Periodo Bovidiano e Camelino e quindi arrivare al Circle: una stupenda guelta ormai secca, palcoscenico ideale per girare un film western! Il Circle è un anfiteatro naturale di rocce, colmato di sabbia rossa ocra.

01. Algeri, la bianca 02. Djanet, la perla del Tassili 03. L’altopiano del Tassili: un museo a cielo aperto 04. Tadrart – 05. La Gourara: il miracolo dell’acqua

05. LA GOURARA: IL MIRACOLO DELL’ACQUA

La Gourara è una splendida regione con capoluogo Timimoun, compresa tra l’erg Orientale e la zona del Tademait. È una delle regioni più belle del paese, dove il palcoscenico si arricchisce di gigantesche dune di sabbia, spettacolari castelli di argilla (ksour) e villaggi fortificati. Abitata fin dai tempi più antichi, è sempre stata un incontro di svariati popoli e culture: ebrei, arabi, sudanesi ma soprattutto berberi, che mantengono inalterate lingua, tradizioni e cultura; una cultura ricchissima composta da danze, canti, manoscritti antichi e feste religiose in uso ancora oggi.
Una delle caratteristiche più importanti, che accomuna la regione ad altri luoghi del pianeta, è sicuramente il sistema di sfruttamento delle falde acquifere: le foggara sono canalizzazioni che, fin dai tempi più antichi, hanno permesso lo sviluppo delle oasi e della vita stessa in luoghi desertici e inospitali. Il viaggio in questa regione è ricco di spunti culturali che, come i paesaggi, sicuramente vi rimarranno impressi nella memoria.

Timimoun, l’oasi rossa

Timimoun è diversa da tutte le altre oasi del Sahara e a questo deve la fama come oasi più affascinante. Anche se oggi giorno ha perduto molto di quel fascino, resta inevitabile sentirsi ammaliati dal paesaggio che si può godere al tramonto sulla sebka, il lago salato sulle sponde del quale è sorta l’oasi.
Le prime informazioni storiche ci parlano della popolazione degli Harratini, forse gli etiopi descritti da Erodoto. Inoltre, sappiamo che circa due millenni fa scesero dal nord gli Zenit, una tribù berbera ebraica, e le fonti attestano che nel XIV secolo visse nell’oasi il capo di questa tribù, tale Mimoun, che avrebbe dato il nome all’oasi stessa, Tim Mimoun, luogo di Mimoun. Timimoun fu islamizzata come il resto del Sahara grazie alla penetrazione delle tribù arabe dei Beni Hilal, a cominciare dal XII secolo. Già nel XV secolo l’Islam era diventata la religione abbracciata da tutta la popolazione. In questo periodo si diffuse il movimento dei Marabut (coloro che combattono la guerra santa), che rivestono ancora oggi un grande prestigio. Nel corso dei secoli la regione è stata un importante nodo commerciale tra i paesi del Sahel e il Mediterraneo, e soprattutto a causa del fiorente commercio degli schiavi, la popolazione di Timimoun risulta ancora oggi in parte di pelle bianca e in parte di colore.
L’architettura è particolare, legata al toub, l’argilla rossa. Rimangono in città pochi monumenti originali, come per esempio la grande porta, la facciata dell’edificio che oggi ospita l’ufficio del turismo, la facciata del vecchio hotel in centro città e i marabut (tomba a cupola) che si trovano sulla strada principale. Si deve al capitano e urbanista francese Anthenour lo stile sudanese della città, una sua invenzione romantica, in memoria del fatto che l’oasi fu un crocevia di commerci proprio con il Sudan: agli inizi del Novecento fece costruire i monumenti appena citati.
La città antica è invece rappresentata dallo ksar, completamente circondato dalle mura. Era il nucleo berbero e originale, con i suoi vicoli bui, le case tipiche (ormai quasi sparite del tutto), semplice nella sua architettura che ritroviamo in tanti altri paesi di origine berbera, si pensi a esempio a Ghadames, in Libia. Timimoun è conosciuta anche come la capitale della Gourara, così si chiama la regione che si estende tra il plateau del Tademait e l’erg occidentale: vi si trovano un centinaio di piccole oasi, popolate principalmente da popolazioni di origine berbera. Un minimo comune denominatore della regione è rappresentato dalle foggara, un sistema ingegnoso di canalizzazione sotterranea, attraverso il deserto, composta da piccoli tunnel scavati a mano con una pendenza tale che l’acqua poteva essere portata anche a distanze considerevoli.

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Mi è sempre piaciuto il deserto.
Ci si siede su una duna di sabbia.
Non si vede nulla. Non si sente nulla.
E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio
.
– Antoine de Saint-Exupéry –

Parti per l’Algeria in compagnia dell’autrice della guida, Oriana Dal Bosco.