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Sri Lanka

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Abbiamo selezionato questi estratti dalla nostra guida per te
perché possa provare il piacere di leggere i libri Polaris

01. Colombo, la città giardino dell’Oriente 02. Gli esorcismi e il folklore 03. Kandy e la Hill Country 04. Il Triangolo Culturale 05. Lo Sri Lanka Tamil

Serendipità, dall’inglese serendipity, è un neologismo che indica la fortuna di fare scoperte felici per puro caso, il trovare una cosa non cercata mentre se ne stava inseguendo un’altra. Il termine deriva da Sarandib (isola d’oro), l’antico nome con cui gli arabi si riferivano all’isola di Sri Lanka, e in particolare dal racconto Peregrinaggio di tre giovani figliuoli del Re di Serendippo pubblicato a Venezia dallo stampatore Michele Tramezzino nel Cinquecento. Tradotto all’inglese, un tal Horace Walpole rimase impressionato dalla combinazione di sagacia e casualità che portò i tre protagonisti a indovinare le più minuziose caratteristiche di un cammello che non avevano mai visto, tanto che non poté definirla se non con un nuovo vocabolo, serendipity appunto.
Lo spirito dell’inatteso, l’abbandono al caso in direzione dell’intuizione, è forse quello più adatto con il quale approcciarsi allo Sri Lanka. La serenità della gente, il loro inguaribile sorriso vagamente fatalista, la calma nei gesti e la gentilezza nei modi lasciano intendere che sarà la loro isola a fare in modo che un viaggio, o una vacanza, si trasformi in un’esperienza che può portare ovunque, anche lontano da ciò che ci si aspetta. Una storia millenaria che si confonde con il mito, terra in cui il buddismo ha sprofondato le sue radici più ortodosse ma in cui l’induismo conserva la cultura della minoranza tamil, regno della dinastia reale più longeva della storia dell’Uomo, eppure fragile al colonialismo occidentale. Scrigno di alcuni parchi naturali fra i più preziosi dell’Asia, di otto siti Unesco e di nebulosi paesaggi montani che non ti aspetti di trovare in un’isola tropicale circondata dal mare turchese. Elefanti addomesticati che portano sacre reliquie ed elefanti selvaggi che scuotono le foreste, il suono dei tamburi e il ritmo dei clarinetti; i colori accesi dei sari, il bianco dei templi buddisti, l’oro di quelli induisti, con il blu del mare e il verde della giungla a fare da sfondo, e le spezie che sfumano infinitamente i gusti decisi della cucina tradizionale.

01. Colombo, la città giardino dell’Oriente – 02. Gli esorcismi e il folklore 03. Kandy e la Hill Country 04. Il Triangolo Culturale 05. Lo Sri Lanka Tamil

01. COLOMBO, LA CITTÀ GIARDINO DELL’ORIENTE

Colombo non viene quasi mai considerata in una vacanza in Sri Lanka e forse già questo potrebbe essere un motivo che vale una visita. Ci si rende conto di quanto sia poco turistica se si è una turista femmina e girando in canottiera si viene ripresa dalla vecchietta in sari mentre si aspetta il verde al semaforo pedonale. O per il fatto che nella stragrande maggioranza dei ristoranti si trovi cucina strettamente locale su menù che, pur in caratteri latini, risultano incomprensibili e che si rischi addirittura di incontrare qualcuno che non ha mai sentito la parola “pasta” o “spaghetti”. Arrivando a Colombo di notte con l’aereo, se si guarda dal finestrino in fase di atterraggio, si nota un brulichio di luci, come quelle a intermittenza dell’albero di Natale o come in un bosco di lucciole. Ci si rende conto all’indomani che è un effetto dovuto alle chiome degli alberi che coprono le luci della città. Colombo è ricoperta di giardini, patii, viali alberati, parchi. Negli anni Venti era conosciuta come la “città giardino dell’Oriente”. Pur essendo rimasta la vegetazione, quel giardino si è riempito di traffico e dell’ombra del cemento. Muoversi nelle ore di punta a Colombo è un incubo. Eppure al calar della notte, come d’incanto, le strade si svuotano, lasciando posto a un silenzio ovattato di afa salmastra nel quale si mescolano essenze di fiori e piante, di fritto e asfalto. Sulla corrente dell’economia mondiale, Colombo si sta riscoprendo cruciale nodo finanziario, commerciale e portuale. Il porto del quartiere Fort è uno tra i più grandi e trafficati dell’intero Oriente. Sulle vie cittadine s’incrociano e si mescolano singalesi, tamil, moor, burgher ed expats da tutto il mondo.
[…] Molte strade sono state rinominate durante le varie dominazioni e molte altre hanno visto storpiature in singalese del nome europeo. Il fosco episodio dell’uccisione di un portiere indiano, ad esempio, ha dato il nome al quartiere nord della città. Dal portoghese matar, uccidere, e dall’inglese cooly, facchino, l’attuale Mattakkuliya, Colombo 15. Oppure il quartiere di Milagiriya, Colombo 4, dove sorgeva la chiesa di Nossa Senhora dos Milagres. Molte strade della capitale sono conosciute con il doppio nome, quello inglese e quello singalese assegnatogli dopo l’indipendenza. Molte altre, pur avendo solo la nominazione singalese, sono traslitterate in caratteri latini con spelling differente. Ad aumentare ulteriormente la difficoltà di orientamento, per chi volesse avventurarsi alla guida in mezzo al traffico di Colombo, sono i disorientanti sensi unici, le continue deviazioni per i lavori in corso e gli improvvisi blocchi per il passaggio dell’auto blu con sopra l’autorità di turno.

01. Colombo, la città giardino dell’Oriente – 02. Gli esorcismi e il folklore – 03. Kandy e la Hill Country 04. Il Triangolo Culturale 05. Lo Sri Lanka Tamil

02. GLI ESORCISMI E IL FOLKLORE

Ambalangoda, lungo la costa meridionale, è considerata la capitale del bali e del kolam, rispettivamente gli esorcismi e le commedie folkloristiche. La sua notorietà è cresciuta con il turismo e il richiamo commerciale ha fatto proliferare negozi di maschere rituali e souvenir. Se il sospetto che qualche artefatto sia di produzione industriale cinese, i maestri intagliatori continuano ad andare per paludi a selezionare la balsa da essiccare e lavorare con strumenti arcaici e colori sgargianti. Nelle loro mani è tramandato il potere mistico delle loro creazioni che, soprattutto nel bali, consente di scacciare i demoni, costante minaccia all’equilibrio dell’anima e del corpo. Per quanto sia sempre più raro, in qualche sperduto villaggio interno, in alcune notti di luna piena, è ancora possibile assistere a danzatori mascherati in trance che al ritmo incalzante dei tamburi spaventano gli spiriti maligni impossessatisi di un corpo. Secondo la tradizione di questa regione, infatti, un comportamento sbagliato, quale potrebbe essere l’alimentazione o un’azione che metta in conflitto l’anima con il corpo, rende vulnerabile un individuo all’attacco di un demone. Una volta posseduto dal demone, il corpo si ammala e a quel punto la guarigione può avvenire solo in tre momenti: una cerimonia per richiamare sul luogo i demoni, un’offerta agli stessi in cambio della promessa di lasciare il paziente oppure la danza vera e propria con la maschera adatta a metterli in fuga.
Il museo delle maschere Ariyapala, ristrutturato e patrocinato dal Ministero degli Esteri tedesco, offre un’interessante veduta su questo mondo magico attraverso la conservazione di preziosi esemplari di finissima fattura, ciascuno intriso di simbologia e leggenda. Tra le più antiche maschere esposte, quella di Ananga Bahirava, divinità dell’amore, raffigurata tra due spiriti lascivi e il loro avido padrone ad esprimere l’eccitazione e l’indecenza della lussuria sfrenata.
Il sanni yakuma è l’esorcismo più potente della credenza singalese del sud, un’antica combinazione tra superstizioni tradizionali e buddismo. La leggenda vuole che il sovrano di un’antica tribù indigena abbia ucciso la consorte sospettata di adulterio. Al momento di essere giustiziata, però, diede alla luce un figlio, il principe Maha Kola. Questi sopravvisse cibandosi del cadavere della madre e, una volta cresciuto, volle vendicarne la morte. Dal veleno di un serpente creò diciotto demoni che lo supportarono nella distruzione della città e nel massacro degli abitanti, compreso suo padre, il re, fino all’intervento risolutore del Buddha. I diciotto demoni della leggenda sono quelli imputati di perseguitare gli uomini, ciascuno con una particolare malattia o disfunzione. Amukku è il demone che affligge lo stomaco, Gedi la pelle, Naga è quello responsabile dell’insonnia e degli incubi, Jala del colera, Kana della cecità e così via. Nel sanni yakuma vengono messe in scena tutte le diciotto danze rituali, una per demone. Ogni danza prevede passi e giravolte particolari e viene accompagnata da un dialogo comico-grottesco tra il danzatore mascherato da demone e i suonatori di tamburi che intendono ridicolizzarlo. Dopo l’intervento dello yakadura, lo sciamano a capo dell’esorcismo, il demone accetta le offerte del paziente e, togliendosi la maschera al suo cospetto, si arrende. Lo yakadura generalmente appartiene a una delle caste di pescatori, suonatori di tamburi o produttori di riso. Al museo Ariyapala di Ambalangoda è esposta una magnifica maschera in legno del principe Maha Kola e i suoi diciotto demoni.

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03. KANDY E LA HILL COUNTRY

Nonostante per noi occidentali l’accostamento tè-Ceylon sia immediato, la Hill Country rappresenta lo Sri Lanka che non ti aspetti. Prima di accorgersi delle verdi piantagioni di tè, infatti, si viene sopraffatti da un paesaggio montano, con profonde valli e ripidi versanti boschivi, lontano dal mare e da ogni concetto di afoso concentrato orientale di frutta e spezie. Il freddo pungente, che penetra dalle rugiade mattutine alle foschie nel tardo pomeriggio, confonde l’ideale esotico del paese tropicale in cui si è atterrati. Atmosfere fumose su una base di verde umido e intenso da attraversare in treno, tra picchi che superano i 2.000 m e stazioni in mezzo alle piantagioni diventate paesini di mattoni rossi, finestrelle in legno e tetti spioventi. E sul limitare di due mondi così diversi in una stessa isola, Kandy, sfarzosa capitale medioevale, custode della reliquia più sacra di tutto il Paese e teatro della processione più spettacolare probabilmente dell’intera Asia, l’Esala perahera.
[…] Si capisce che Kandy è la città più turistica dello Sri Lanka perché tutti i tuktuk driver hanno un pacchetto da proporre esasperatamente, perché tutti parlano inglese fluentemente e perché, come presunta attrazione imperdibile, tutti cercano di mandarti per centri commerciali. Nonostante insieme a Colombo sia l’unica città dello Sri Lanka degna di questo nome (per lo meno sono le uniche due a superare i 100.000 abitanti), dall’alto del suo passato regale, del suo clima mite, del suo skyline sagomato da montagne verdeggianti tutt’attorno e del suo cielo terso, con la capitale non vuole spartire nulla. A parte inesorabilmente una cosa: il traffico. Fastidi metropolitani e inflazione da turismo commerciale vengono tuttavia superati da quanto la città offre. Non si diventa capitale turistica dello Sri Lanka a caso né perché si è sito Unesco o perché si è un vertice dell’imperdibile Triangolo Culturale dell’isola, ma perché si ha il fascino di antichi re, il profumo di spezie e di tè, il richiamo della natura alle porte e un nome da leggenda, Kanda Uda Rata, “Regno sopra le montagne”.
[…] Le maggiori attrazioni della città sono concentrate in poche centinaia di metri quadrati sul lato nord-ovest del suggestivo Kandy Lake. Il percorso tra il mercato cittadino, la torre dell’orologio e il complesso del Tempio del Sacro Dente si copre tranquillamente al passo della blanda passeggiata, anche si volesse aggiungere l’intero periplo del lago.

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04. IL TRIANGOLO CULTURALE

Il triangolo Kandy-Polonnaruwa-Anuradhapura è il cuore geografico e culturale dello Sri Lanka, il suolo in cui le antiche dinastie reali hanno fondato le loro capitali, i campi di battaglia in cui si sono susseguite le guerre contro gli invasori, la terra fertile al buddismo e alla sua filosofia, la giungla che per secoli ha celato agli archeologi moderni i tesori di una storia lunga 2.500 anni. Il vertice nord del triangolo, Anuradhapura, è stato la prima capitale e Mihintale, a lato, la culla in cui il monaco indiano Mahinda ha depositato la nuova fede negli insegnamenti del Buddha. A sud-est Polonnaruwa, capitale medioevale dello Sri Lanka, vessillo di un’altra rinascita dell’isola dopo i secoli bui delle incursioni indiane e al vertice meridionale Kandy, ultima capitale reale, ultima dimora del re e custode della reliquia più sacra ai buddisti. Nel baricentro Dambulla con il suo prezioso gioiello, il Golden Rock Temple, e la roccia di Sigiriya, il monolite testimone di una tra le storie più incredibili e più affascinanti del Paese, quella di Re Kasyapa. Non è un caso se cinque dei sei siti culturali srilankesi patrimonio dell’UNESCO si trovino qui ed è altresì spiegato come sia nata la definizione di Cultural Triangle con la quale è conosciuta questa regione. Che si abbia il pallino della Storia o meno, impossibile non lasciarsi incantare dagli echi di questo meraviglioso Paese che emanano dalle rovine del suo passato glorioso ben impresso nelle suggestioni del Triangolo. Se si aggiunge che è circondato da grandi parchi e attraversato dalle rotte migratorie degli elefanti, è facile intendere come sia una meta imperdibile per chiunque capiti sull’isola.

Da Colombo, via Kandy, nell’itinerario a ritroso nel tempo delle capitali srilankesi, Polonnaruwa è la tappa successiva. Contesa tra singalesi e chola indiani, è stata capitale per quasi trecento anni tra il X e il XIII secolo e le sue rovine si trovano in uno stato di conservazione in grado di evocare non solo la grandezza architettonica e urbanistica del periodo, ma anche l’influenza degli invasori sulla produzione artistica e religiosa. Evitando la poco attrattiva città moderna, la città antica di Polonnaruwa generalmente viene visitata in giornata da Sigiriya o Habarana. Se si è appassionati di storia e archeologia però, anche due giorni potrebbero non bastare. Caldo torrido permettendo, i siti archeologici possono essere piacevolmente visitati con una bicicletta a nolo. Un tuktuk contrattato per l’intera giornata è altrimenti l’alternativa più comoda. Il sito archeologico si estende lungo una striscia di costa nordorientale del lago Parakrama Samudra, di circa 6 km di lunghezza da nord a sud. Per semplificarne l’esplorazione, le rovine dell’antica capitale si possono raggruppare in cinque aree. […] La serata a Polonnaruwa ha ben poco da offrire se non ci si trova in una posizione defilata a godersi una bella stellata in compagnia del canto dei grilli e dell’evanescente intermittenza luminosa delle lucciole. Per il tramonto invece il lungolago potrebbe essere una buona opzione, esclusi i mesi di maggio e giugno in cui il vento soffia via prepotentemente ogni velleità di romanticismo. Al calar della sera è sempre piacevole invece una biciclettata lungo il canale che dal museo scorre verso nord-est nell’allegria dei locali che fanno il bagno, l’insolenza dei varani che attraversano a nuoto e la determinazione dei cormorani che pescano.

Il viaggio nella storia dello Sri Lanka termina nel vertice più a nord del Cultural Triangle, la prima capitale di uno fra i regni più longevi della storia dell’umanità. Anuradhapura è il luogo dove re e religione hanno trovato il terreno fertile in cui sprofondare radici dalle quali è germogliato la rigogliosa cultura srilankese, quella di un popolo ancora fortemente legato al suo passato. Qui rimangono le fondamenta del palazzo reale di quella che è stata la prima vera e propria capitale e qui vive da oltre duemila anni, rigoglioso e splendente, il Sacro Albero del Bodhi, germoglio dell’albero sotto al quale il Buddha trovò l’illuminazione. Per questo, mille anni dopo la sua caduta, Anuradhapura è di nuovo la capitale spirituale del Paese, quanto l’UNESCO ha denominato “Città Sacra” patrimonio dell’umanità. Le sue gigantesche dagoba e i suoi templi sono il punto di riferimento di ogni pellegrino buddista singalese. Visitare Anuradhapura non è solo un viaggio archeologico nello Sri Lanka, ma anche uno attraverso la spiritualità pulsante che contraddistingue il suo popolo. Come duemila anni fa, girovagare per la zona sacra di Anuradhapura significa stare in fila tra i pellegrini scalzi all’ingresso dei templi, respirare l’incenso delle loro preghiere, il profumo di fiori delle loro offerte, assorbire il bianco del loro vestiario e il sorriso nei loro occhi, scomparire di fronte a una maestosa dagoba nel silenzio della loro adorazione.

01. Colombo, la città giardino dell’Oriente 02. Gli esorcismi e il folklore 03. Kandy e la Hill Country 04. Il Triangolo Culturale – 05. Lo Sri Lanka Tamil

05. LO SRI LANKA TAMIL

Lo Sri Lanka Tamil è lo Sri Lanka meno conosciuto, lontano dalla capitale e fuori dai circuiti più battuti sia dal turismo locale che da quello internazionale. Fuori dal cuore buddista dell’isola, lontano nel tempo dalla cultura singalese che nel buddismo ha trovato la sua anima. Una minoranza che ha conservato la lingua, la sua fede induista e la sua indole pacifica e che pur ha conosciuto invasioni, ribellioni e guerre. Terra che ha raccolto il sangue degli oltre 100.000 morti fra civili, militari governativi e guerriglieri secessionisti durante i 26 anni dell’atroce conflitto iniziato a Jaffna nel 1983 e terminato solo nel 2009. Ferite ancora visibili negli edifici, negli occhi delle due generazioni che l’hanno vissuto e negli arti mutilati di chi ha calpestato una mina, subdola presenza di una tragedia apparentemente sepolta. Tutti vittime di un qualcosa che probabilmente ancora una volta è capitato per delle dinamiche di chissà quale logica politica o interesse ristretto, lontane dal popolo, estranee allo spirito mite che accomuna i tamil di Sri Lanka ai loro conterranei singalesi. Destino che li ha poi tragicamente accomunati durante lo tsunami del 2004, che soprattutto nella costa est e in quella sud ha mietuto il maggior numero di vittime. Ma nell’imperscrutabilità degli atti della natura e nell’incomprensibilità delle azioni inumane dell’Uomo, il nord e la costa orientale dello Sri Lanka stanno tornando a vivere la loro splendida essenza di terre assolate, spiagge incontaminate e luce cristallina che esalta l’intensità dei bianchi nelle savane, dei blu nel mare e nel cielo, dei rossi, verdi e gialli nelle gopuram dei templi induisti e nei sari della gente. Le infrastrutture stanno di pari passo adeguandosi al ricevimento di un turismo che timidamente si dimostra curioso di conoscere un luogo rimasto inaccessibile fino a poco più di un decennio fa.
Non ci sono resti archeologici ultramillenari né sfarzosi palazzi reali o famosi monumenti immediatamente riconoscibili in cartolina, probabilmente nemmeno le comodità e l’attrattività che le spiagge del sud offrono a un turista in cerca di paradiso. Invece che in freschi boutique hotel si rischia di dormire nell’afa di un bungalow dal tetto di paglia senza aria condizionata, al posto di eleganti leopardi si incontrano i goffi asini, anziché immergersi nella storia gloriosa di potenti sovrani si finisce per ammirare il sudore delle barche da pesca. Lo Sri Lanka Tamil ha il fascino del traffico di biciclette di Jaffna, dell’odore intenso e caldo delle spezie nei mercati, di isole abbandonate, sferzate dal vento e arse dal sole, di processioni dietro a colorati carri di divinità induiste e di richiami cantati dall’alto dei minareti, recitati dai mantra buddisti sul calar della sera, sussurrati dal fruscio ritmato delle scope di saggina che spazzano strade e giardini al mattino presto.

Ho visto tutto.
Un mattino mi svegliavo
e passavo la giornata ad annusare tutto,
era tutto così ricco
che bisognava scegliere i sensi.

– M. Ondaatje –