Curva dopo curva, sia essa elicoidale o no, il rosso nastro della Ferrovia Retica sale, sale senza sentire il peso degli anni, che sono più di cento. Siamo sul treno del Bernina, che collega la cittadina valtellinese di Tirano con St. Moritz in Engadina; il Sud con il Nord delle Alpi.
Onde di vacanzieri, ma non solo, raggiungono durante tutto l’anno la bellissima valle svizzera, situata nel Canton Grigioni, che prende il nome dal fiume che la percorre, l’Inn o, meglio, “En” come quassù viene chiamato. Prima di raggiungere l’Engadina i rossi convogli (Patrimonio Unesco insieme all’ardito tracciato del percorso ferroviario dell’Albula) attraversano la ridente Val Poschiavo, la valle grigionese di lingua italiana, superando dapprima le curve elicoidali in località Brusio (vanto dell’ingegneria dell’epoca) per poi giungere al grande Lago di Poschiavo, dalle acque di un intenso blu, e alla località omonima, di notevole interesse storico ed artistico.
La strada statale del Bernina qui si stacca dalla ferrovia (nel primo tratto corrono praticamente parallele) ed il treno sale senza far fatica sino al maggese di Cavaglia (ottimo l’omonimo rifugio) e all’Alp Grüm, dove i passeggeri spesso si fermano per pranzare al noto e buon ristorante (da Primo) con vista panoramica sul ghiacciaio del Palù, il cui bacino un tempo era molto più esteso. Il treno prosegue la sua lenta ma inesorabile salita attraversando alcune gallerie paravalanghe e, con uno strappo finale, giunge ai 2.238 metri del Passo Bernina. È salito sin quassù senza cremagliera, superando anche pendenze del 7%, ed è un piacere essere a bordo perché, con il suo ritmo lento, permette di gustare in pieno il paesaggio, regalando sensazioni veramente spettacolari e momenti magici.
Dopo il passo, le acque del Lago Bianco in estate mostrano il loro colore, reso tale dall’acqua di fusione dei ghiacciai, e anche dal treno è visibile un importante cartello che segnala lo spartiacque del Bernina: “Wasser Scheide”. Siamo a 2.234 metri d’altezza e le acque che sono al di qua della linea di cresta si tuffano nel Mare Adriatico, mentre quelle che stanno di là raggiungono il Mar Nero.
Il treno ora continua la sua corsa in discesa. Ecco la stazione di Diavolezza con l’ardita funivia e, un po’ oltre, quella di Lagalb con l’omonimo picco, entrambe mete invernali di sciatori discesisti. Prima di giungere a Pontresina arriva il pezzo forte di questo percorso in treno. Bisogna guardare a destra, ovviamente sperare in una bella giornata, ed eccoci alla famosa “curva Montebello” (non abbiate timore di perdere lo spettacolo perché viene segnalata da un annuncio) con una magnifica vista sui ghiacciai e le vette del Piz Palù e dell’ancor più alto Pizzo Bernina (4.049 m), la cui sinuosa Cresta Biancograt è la normale ed elegante via di salita svizzera al Pizzo Bernina, il quattromila più alto delle Alpi Retiche, la cui via normale lungo il versante italiano si snoda in alta Valtellina.
Ancora una piccola stazione, dalla caratteristica costruzione in legno, ed eccoci a Pontresina, a quota 1.805 metri, un elegante villaggio conosciuto come la “capitale dell’alpinismo”. Vi si trovano belle case in stile engadinese ed un interessante ed alquanto ricco museo alpino. Se nel 1850 la ricettività alberghiera consisteva in una sola locanda con tre posti letto, oggigiorno gli alberghi non mancano, molti dei quali si trovano nella principale “via Maistra” e alcuni sono storici.
Siamo quasi a fine corsa. Durante un tratto in piano, ma non per questo privo d’interesse, si nota in alto a destra la funicolare che sale a Muottas Muragl (2.453 m), ottimo punto per godere di un panorama eccezionale sui ghiacciai del Bernina e non solo. Seguendo la cresta della montagna, con l’aiuto di un binocolo, si potrà vedere il Rifugio Segantini, dove il famoso pittore Giovanni Segantini (1858-1899) morì mentre stava dipingendo all’aperto come da sua abitudine. Dopo queste divagazioni si passa Celerina e qui c’è da notare la chiesa di San Gian che spicca in mezzo al verde (o in mezzo alla neve, dipende dalla stagione), per poi giungere in breve alla stazione capolinea di St. Moritz, San Murezzan in romancio. Situata a 1.822 metri d’altezza, è divisa in “Dorf” (villaggio) e “Bad” (terme), e la sua notorietà è legata all’idea geniale del Signor Johannes Badrutt (1819-1889).
Il caro Badrutt, da qualche parte lassù nel cielo, se la godrà e gioirà di tutto quello che ha messo in piedi partendo da una pensione acquistata nel 1858, con solo dodici posti letto. Alla Pensione Faller cambiò il nome e successivamente l’ingrandì, trasformandola in un grande complesso alberghiero: l’Engadiner Kulm. Narra la leggenda che Badrutt aveva scommesso con quattro ospiti inglesi che, se fossero ritornati durante l’inverno, avrebbero potuto godersi il sole dell’Engadina stando in maniche di camicia sulla terrazza del suo albergo. Se ciò non fosse successo, Badrutt si sarebbe accollato i costi del viaggio, ma se St. Moritz fosse piaciuta agli ospiti li invitava a fermarsi quanto volevano. Gli inglesi erano abituati ai freddi ed umidi inverni della loro isola e non immaginavano che nelle Alpi svizzere il clima potesse essere diverso. Non avrebbero perso nulla e, quindi, arrivarono in Engadina durante il periodo natalizio; furono talmente contenti che si fermarono sino a dopo Pasqua, tornando a casa ben abbronzati, felici e riposati. I quattro inglesi furono i primi turisti invernali delle Alpi e scoprirono così il mondo delle settimane bianche. Ecco come nacque il turismo invernale nelle Alpi. Da allora St. Moritz è sinonimo di mondanità, perché vi hanno sempre soggiornato i V.I.P. di tutto il mondo, facendo diventare questo villaggio svizzero sinonimo non solo di spettacolo, ma anche di “gossip”. In seguito divenne la capitale delle Olimpiadi e proprio durante la stagione invernale 2014/2015 St. Moritz ha festeggiato i 150 anni di turismo con un calendario ricco di manifestazioni.
Partite per un’escursione da St. Mortitz o fate semplicemente la passeggiata attorno al lago, guardate le costruzioni, ma non mancate di visitare quanto di interessante offre questa località a partire dal Museo Segantini per passare poi al Berry Museum, alla casa di Mili Weber ed al Museo Engadinese, e portate i vostri bambini a Salastrain, dove si può visitare la capanna di Heidi (quella originale del film, insieme all’altra in località Grevasalvas). Se poi siete curiosi andate oltre: verso l’Italia sino al Passo del Maloja e verso l’Austria sino a Martina, per scoprire interamente tutta la bellezza dell’Engadina, non solo la Alta, ma anche la Bassa Engadina.
Che piacere leggere Daniela Pulvirenti! Il suo è un raccontare leggero e affascinante, ricco di informazioni interessanti e utili. Ti fa venire la voglia di mettere gli scaponi e partire, per vedere con i tuoi occhi quel mondo meravigliose che ti ha appena mostrato.